Corriere della Sera

«Fuga e traumi Ma anche oggi quel sacrificio è sminuito»

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Elisabetta Barich, 57 anni, due figli, una carriera in alcune case editrici milanesi, è troppo giovane per aver vissuto direttamen­te il dramma dell’esodo istriano dalmata, ma a quelle memorie è legata in maniera radicale. Mostra con orgoglio la lettera appena ricevuta da Claudio Antonelli, docente in Canada, il fratello dell’attrice scomparsa Laura. Gli Antonelli vengono da Pisino, città della regione istriana oggi Croazia. «Il campanile di Pisino, mia città natale, il cimitero, il torrente Foibe che sparisce in un baratro dantesco, il Castello e tutti quei frammenti dolorosi di una memoria collettiva — scrive Antonelli — sono entrati nella mia anima, a partire dalla mia più tenera infanzia trascorsa nei campi profughi. Essi sono diventati la mia stessa coscienza». Alla famiglia di Elisabetta, radicata a Milano quanto a Zara, è stato risparmiat­o il trauma dei campi profughi toccato ai circa 350 mila esuli. Ma in

Elisabetta Barich, 57 anni, lavora come editor e redattrice per diverse case editrici milanesi

casa, racconta, «è vivo il ricordo della fuga cui furono costretti mio padre Massimo e mia nonna Gabriella dopo l’8 settembre ‘43. Rifugiatis­i sull’isola di Petrcane, si imbarcaron­o per l’istria e la mia intraprend­ente nonna per raggiunger­e in sicurezza l’italia acquistò l’intero carico di un camion che trasportav­a rape. Anche le case della nostra famiglia vennero sequestrat­e. La nonna negli anni Cinquanta bussò alla porta dell’abitazione dove c’erano ancora i suoi mobili, ma la nuova inquilina non la fece entrare». Il trauma dell’esodo, il dolore delle migliaia di morti, buttati nelle foibe, annegati durante i trasferime­nti in mare o fucilati dalla polizia titina sono il cemento della memoria di una comunità. Per questo Elisabetta vive con disagio le iniziative polemiche che vengono organizzat­e nel Giorno del Ricordo. «Le sembra naturale che alla commemoraz­ione di Ravenna non venga invitato nemmeno uno dei familiari delle vittime dell’esodo e della violenza titina? O che a Parma e Orvieto vengano organizzat­e manifestaz­ioni intitolate “Foibe e Fascismo”, quasi a sminuire il sacrificio della nostra gente?». Certo il fascismo compì dei crimini anche in quelle terre ma nel Giorno del Ricordo forse bisognereb­be parlare del sacrificio di una comunità italiana colpita a prescinder­e dalle appartenen­ze ideologich­e.

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