COMBATTERE LA VIOLENZA SENZA ACCETTARE ALIBI
Caro direttore, Goffredo Buccini nel suo articolo (Corriere, 9 febbraio) «La piccola città che diventa capitale delle storture nazionali», nel definire la politica «allo sbando» di fronte alle vicende di Macerata, cita alcune mie prese di posizione (le mie critiche a Salvini e a Berlusconi, la mia posizione riguardante l’esigenza di una manifestazione antirazzista, addirittura, la notizia, non data da me, di alcune minacce ricevute dopo la mia visita a Macerata) tra i fatti che contraddicono un obiettivo che, a suo avviso, rappresenta la condizione per battere il terrorismo, adesso come in passato, l’unità nazionale.
Non pretendo che Buccini si faccia mio esegeta, ma è esattamente quello che sostengo da tempo in prese di posizioni pubbliche e interviste. In tali occasioni, ho sostenuto che questo è possibile se nessuno pretende il monopolio dell’antifascismo, per questo ho apprezzato anche pubblicamente le voci di condanna contro il riemergere di fenomeni razzisti che si sono levate dal M5S e dal centrodestra, come quelle di Roberto Maroni.
Se, a domanda, ho definito «irresponsabili» le parole di Salvini e Berlusconi è proprio perché ritengo che nessun «ma» può essere aggiunto alla condanna, a pena di rendere ambiguo il messaggio e quindi impossibile l’unità.
Se un esponente politico unisse alla condanna del terrorismo islamico, considerazioni sulla frustrazione delle masse arabe, sull’eredità del colonialismo o sugli equilibri globali, le sue parole suonerebbero, al di là del merito, come quantomeno ambigue nella presa di distanza dal terrorismo, come un’attenuazione del giudizio. Quasi come un’implicita ricostruzione di antefatti storici al terrorismo di cui si può disquisire, ovviamente dividendosi, nei convegni, non nell’imminenza di fatti di sangue.
Così si potrebbe dire se qualcuno unisse (e al tempo avvenne) considerazioni sulle responsabilità politiche della Dc alla condanna dell’omicidio di Moro, o si esercitasse sulle inaccettabili condizioni dei lavoratori, esecrando gli omicidi di giuslavoristi come Biagi e D’antona. E così via dicendo.
Oggi appare invece normale che alla condanna dell’atto terroristico di Macerata si aggiungano considerazioni sul fenomeno migratorio, o sulla sicurezza reale o percepita.
L’unità in passato è stata possibile perché si è detto: emarginiamo i violenti, cancelliamo la violenza dalle parole, sconfiggiamoli e poi discuteremo e ci combatteremo, in modo pacifico, su come affrontare i problemi che i terroristi usano come alibi per la loro strategia di violenza.
Mettere da parte le diverse valutazioni sui fenomeni che i violenti portano a giustificazione della loro azione è il primo passo per l’unità.
Così è avvenuto in passato, così deve avvenire oggi.
Atti terroristici Mettere da parte le giustificazioni è il primo passo da compiere per l’unità