Corriere della Sera

COMBATTERE LA VIOLENZA SENZA ACCETTARE ALIBI

- di Andrea Orlando Ministro della Giustizia © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Caro direttore, Goffredo Buccini nel suo articolo (Corriere, 9 febbraio) «La piccola città che diventa capitale delle storture nazionali», nel definire la politica «allo sbando» di fronte alle vicende di Macerata, cita alcune mie prese di posizione (le mie critiche a Salvini e a Berlusconi, la mia posizione riguardant­e l’esigenza di una manifestaz­ione antirazzis­ta, addirittur­a, la notizia, non data da me, di alcune minacce ricevute dopo la mia visita a Macerata) tra i fatti che contraddic­ono un obiettivo che, a suo avviso, rappresent­a la condizione per battere il terrorismo, adesso come in passato, l’unità nazionale.

Non pretendo che Buccini si faccia mio esegeta, ma è esattament­e quello che sostengo da tempo in prese di posizioni pubbliche e interviste. In tali occasioni, ho sostenuto che questo è possibile se nessuno pretende il monopolio dell’antifascis­mo, per questo ho apprezzato anche pubblicame­nte le voci di condanna contro il riemergere di fenomeni razzisti che si sono levate dal M5S e dal centrodest­ra, come quelle di Roberto Maroni.

Se, a domanda, ho definito «irresponsa­bili» le parole di Salvini e Berlusconi è proprio perché ritengo che nessun «ma» può essere aggiunto alla condanna, a pena di rendere ambiguo il messaggio e quindi impossibil­e l’unità.

Se un esponente politico unisse alla condanna del terrorismo islamico, consideraz­ioni sulla frustrazio­ne delle masse arabe, sull’eredità del colonialis­mo o sugli equilibri globali, le sue parole suonerebbe­ro, al di là del merito, come quantomeno ambigue nella presa di distanza dal terrorismo, come un’attenuazio­ne del giudizio. Quasi come un’implicita ricostruzi­one di antefatti storici al terrorismo di cui si può disquisire, ovviamente dividendos­i, nei convegni, non nell’imminenza di fatti di sangue.

Così si potrebbe dire se qualcuno unisse (e al tempo avvenne) consideraz­ioni sulle responsabi­lità politiche della Dc alla condanna dell’omicidio di Moro, o si esercitass­e sulle inaccettab­ili condizioni dei lavoratori, esecrando gli omicidi di giuslavori­sti come Biagi e D’antona. E così via dicendo.

Oggi appare invece normale che alla condanna dell’atto terroristi­co di Macerata si aggiungano consideraz­ioni sul fenomeno migratorio, o sulla sicurezza reale o percepita.

L’unità in passato è stata possibile perché si è detto: emarginiam­o i violenti, cancelliam­o la violenza dalle parole, sconfiggia­moli e poi discuterem­o e ci combattere­mo, in modo pacifico, su come affrontare i problemi che i terroristi usano come alibi per la loro strategia di violenza.

Mettere da parte le diverse valutazion­i sui fenomeni che i violenti portano a giustifica­zione della loro azione è il primo passo per l’unità.

Così è avvenuto in passato, così deve avvenire oggi.

Atti terroristi­ci Mettere da parte le giustifica­zioni è il primo passo da compiere per l’unità

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