QUEL FILM CHE RESTITUISCE CENTRALITA’ AGLI UOMINI
Si può amarlo o meno il film di Luca Guadagnino, «Chiamami col tuo nome», comprensibilmente piaciuto agli americani per il modo in cui tratteggia un’arcadia italiana che vedono solo loro. Ma di certo la pellicola offre numerosi spunti di riflessione sui sentimenti se solo ci si sottrae all’incantamento in cui si cade seguendo il ritmo lento della storia, respirando l’afa della campagna piatta, godendo del refrigerio dei suoi stagni, abbandonandosi al desiderio che dilaga, dolce come melassa.
Per chi ha vissuto la propria formazione sentimentale negli anni 80, il film, che in quegli anni è ambientato, è un viaggio a ritroso nella memoria. Ci ricorda quanto era difficile persino capire, e poi accettare quel languore che cresceva dentro di noi impadronendosi delle nostre emozioni. Ci rammenta come fosse complicato, in assenza delle moderne diavolerie messaggistiche dietro le quali nascondersi, alzare gli occhi all’altezza degli occhi, allungare una mano, mettere in parole il sentimento senza apparire ridicoli e con la paura di un rifiuto. L’iniziazione all’erotismo senza Youtube e con i giornali nascosti sotto al letto, consentiva di concentrarsi sulle proprie sensazioni scoprendo il proprio corpo.
Certo, la bisessualità espressa dal protagonista non era vissuta con la naturalezza con cui oggi la si esibisce come un segno di distinzione. Poteva provocare turbamenti profondi da cui si doveva uscire senza l’ausilio dei genitori. Che nel film di Guadagnino sono così avanti per quell’epoca da apparire macchiettistici.
Il messaggio nascosto in «Chiamami col tuo nome»
Al netto dell’anacronismo, il dialogo in cui il padre spinge il figlio a viversi i sentimenti, compresa l’omosessualità, compreso il dolore dell’abbandono, senza mai arretrare, è da incorniciare. Perché allude a un’educazione sentimentale necessaria. E perché si tratta di un padre. Del resto in questo film le donne sono solo uno sfondo un po’ fastidioso. Con questo il regista tenta di recuperare una centralità al ruolo maschile. Operazione meritoria di questi tempi.