«Sostenibilità, nelle pietre è la battaglia che conta»
Licia Mattioli: certificazione imprescindibile se si vuole affrontare il mercato americano
«Da tempo, con l’azienda di famiglia, Mattioli Gioielli, aderiamo al Responsible Jewellery Council al livello più alto di compliance, il Chain of Custody (COC) Standard: meno di 50 aziende al mondo hanno questa certificazione, circa 600, hanno invece i requisiti per la certificazione al livello inferiore», spiega Licia Mattioli, imprenditrice del gioiello e vicepresidente di Confindustria per l’internazionalizzazione.
«Eppure la sostenibilità, anche in gioielleria, è una battaglia importante, non più rinviabile. E aggiungerei che per avere sbocco in Paesi come gli Usa per esempio, ormai è imprescindibile. Certo, bisogna fare i conti con un sistema che, rispetto al mondo della moda ormai molto attento a questo tema, vive ancora il percorso sostenibile come una novità».
Mattioli nel 1995 iniziò ad affiancare il padre, l’ingegnere Luciano Mattioli, nella gestione dell’azienda appena acquisita, che oggi fattura 25 milioni l’anno. «Abbiamo deciso di mantenere la produzione al 100% in Piemonte tra Torino e Valenza, unendo talento artigianale e ricerca». Una boutique monomarca a Roma in via del Babuino, aperta nel 2010, e una rete di 200 rivenditori in 25 Paesi, dal moloch Mercury in Russia nei magazzini Tsum, Crocus e Dlt, a Neiman Marcus negli Usa, e fino all’azerbaigian.
Dove porterà il 2018? «Al consolidamento dei mercati dove siamo già forti, Usa e Giappone principalmente, ma anche Russia dove si registra una ripresa dell’economia, come pure in Spagna. Ma abbiamo anche un corner a Gedda e lo sbocco di mercato in Arabia Saudita e in Oman è all’orizzonte». Nuovi mercati? «Il Cile e la Colombia, il Perù e il Messico. Lo scenario globale offre buone prospettive per marchi non premium, e in Italia sono tanti i brand di seconda fascia con un prodotto di grandissima qualità, e design».