Indaga Rita, la squillo detective
Un giallo con una protagonista insolita, ambientato nella Milano degli anni Cinquanta
«Accadeva nell’anno di grazia 1951 alla Trattoria del Sole in via Melzo, a Milano». L’avvio è piuttosto sportivo: una strizzatina d’occhio e una pacca sul didietro date da una signora ben vestita e la bella cameriera Rita — all’anagrafe Margherita Grande, 22 anni — smette di servire ai tavoli per cambiare per sempre la sua giovanissima vita. Da via Melzo a via Monte Rosa. Dalla trattoria di Attilio e Rosetta alla villa di madame Vergani, dove, tra marmi e volumi rilegati, si pratica il mestiere più vecchio del mondo, ma in una maniera tutta nuova. Solleticando le fantasie dei ricchi clienti che si immaginano di stringere tra le lenzuola Silvana Mangano o Rita Hayworth.
Milano, Porta Venezia, gli anni Cinquanta, tra cortili di ringhiera e portinerie dove si sente forte l’odore di cucinato, bar, grandi magazzini e domeniche passate al piccolo luna park spuntato in una notte sullo spazio lasciato vuoto da un palazzo bombardato. Strade e palazzi tra i quali Dario Crapanzano — milanese, classe 1939 — si muove con la familiarità di un gatto: è qui che ha fatto nascere e indagare il capocommissario Arrigoni, protagonista di tanti suoi gialli. Quest’anno, la novità: il bonario Arrigoni — marito e padre di famiglia, investigatore d’esperienza che viaggia in tram e pranza con i sanguis, sandwich alla meneghina — si fa da parte e lascia la scena a Margherita Grande, che di indagini, carte e delitti non sa praticamente nulla.
Nulla, finché la sua più cara amica Ines non si trova al posto sbagliato nel momento sbagliato: in casa del fidanzato, con un coltello in mano, davanti al cadavere insanguinato di lui. La trova così la polizia, e la sbatte in cella senza pensarci due volte. Da qui parte La squillo e il delitto di Lambrate (Società Editrice Milanese), la prima (finora, ma si indovina che ne seguiranno altre) indagine di Margherita Grande.
Nel tentativo, in apparenza disperato, di scagionare l’amica, Rita si improvvisa detective. Con i suoi mezzi, molto diversi ma non meno efficaci — si scoprirà — di quelli di un poliziotto professionista: armata di tanta tenacia, sorrisi e cioccolatini (buoni per ammorbidire le portinaie) e dei consigli del migliore amico Leonida Ciocca, boss della ligera — la piccola mala milanese del dopoguerra — specializzato in furti d’appartamento, riuscirà a dimostrare l’indimostrabile e a riportare Ines a casa. Tutto senza tradire mai la sua doppia vita: ragazza semplice e coraggiosa rimasta sola con due fratellini e una nonna anziana a cui provvedere e, a giorni alterni, squillo di lusso nella premiata maison Vergani. Un lavoro, questo, che Rita interpreta a modo suo, con la leggerezza dell’incoscienza e con la consapevolezza di chi sa che i soldi che guadagna — tanti, rispetto al misero salario da cameriera — vanno a finanziare gli studi dei gemelli e a rendere migliore la vita loro e di nonna Angiolina.
E tra i tavoli delle piccole osterie, sulle carrozze dei tram, alla messa della domenica, Rita — la squillo «letterata» (madame impone alle ragazze la lettura quotidiana del giornale e concede loro libero accesso alla sua biblioteca) — e i suoi amici ladri e banditi sembrano solo ragazzi giovani che fanno questo o quel mestiere per campare.
Il male, quello vero, è un’altra cosa — sbiadita e distante — e fa quasi nostalgia questo piccolo mondo in cui i capibanda sono gli ultimi romantici e il loro massimo divertimento, la sera, è concedersi una partita a carte e un bicchierino di grappa mandorlata con gli amici di sempre, i vicini della porta accanto, le sorelle. La ligera — arrivata alla fine dei suoi giorni — più che un fenomeno criminale sembra una società di mutuo soccorso, in cui proteg- gersi a vicenda ognuno come meglio può. E ad aiutare Margherita — oltre al suo intuito e alla sua faccia tosta — alla fine sarà la persona che meno ti aspetti.
L’indagine — condotta a colpi di foto di innamorate, appostamenti da Cova o all’uscita di scuola per parlare con la sorella liceale della vittima — è solo un filo esile. Quello che colpisce di più di questo giallo sono la sua eroina — buffo miscuglio di diavolo e acqua santa, di profumi e caffellatte — e lo scenario. Una Milano «parallela», da viaggio nel tempo: le vie e le piazze sono quelle di oggi, cambiano le insegne dei negozi, le bibite bevute al bar, le marche dei gelati. Tutto. Crapanzano — a lungo pubblicitario, arrivato tardi al successo letterario — ricostruisce con acribia filologica, pescando da memorie personali e ricerche d’archivio. Ma poi ci mette la vita, la leggerezza e i sogni che fanno della ricostruzione un romanzo.
La missione
Bisogna salvare l’amica Ines trovata in casa del fidanzato, con un coltello in mano, davanti al cadavere insanguinato di lui