Corriere della Sera

Fontana spinge il tricolore in finale Le azzurre pattinano verso una medaglia

Capolavoro della portabandi­era che resiste all’ultima curva: obiettivo centrato per la staffetta

- Gaia Piccardi

La bionda atomica sta al centro della pista, conficcata come un totem nel bianco del ghiaccio. Intorno roteano impazzite inglesi che cadono, canadesi aerodinami­che, sudcoreane che sognano di trasformar­e lo sport nazionale nel titolo di apertura del tiggì della sera. Arianna è un confetto azzurro però non dolce, con il cuore guerriero, armato di una serietà bestiale. Il numero 9 sul casco, l’enorme tatuaggio maori che ha sulla schiena coperto dal tricolore. In tribuna per tifare è arrivata dalla Valtellina tutta la sua famiglia. Seconda batteria delle qualificaz­ioni dei 500 metri, il bronzo di Vancouver e l’argento di Sochi che a Pyeongchan­g spera di trasformar­e in oro. La maldestra caduta alla prima curva dell’ungherese Keszler e della britannica Thompson la costringe alla doppia partenza. Arianna non ne sentiva l’esigenza però non batte ciglio. Conficca il pattino di traverso sulla linea di partenza, ringhia in silenzio, esce dai blocchi come una molla. Vince con autorevole­zza (43’’214), si qualifica per i quarti di finale di quei quattro cantoni in apnea chiamati cinquecent­o metri. Sopravvivo­no in sedici, ne rimarrà solo una.

Non aveva dormito granché venerdì notte, Arianna Fontana. L’emozione di aver fatto la portabandi­era alla cerimonia d’inaugurazi­one dell’olimpiade («Che serata ragazzi, adrenalina allo stato puro: una delle migliori serate della mia vita» ha postato), la sua quarta, se l’era riportata al villaggio olimpico, insieme al boato dello stadio, ai significat­i di una notte storica per le due Coree unite, alla tensione del tenere alto e stretto nel vento gelido il tricolore, che le aveva lasciato le dita bianche. Miss short track, però, lanciata alla conquista dell’unica medaglia che le manca e sbarcata in Asia con l’eccellente referenza del titolo europeo in tasca, non tradisce. Prima pensa a sé e poi trascina alla finale della staffetta le sue sorelle. Arianna Fontana, Martina Valcepina (doppio oro continenta­le a Dresda, anche lei nei quarti dei 500 con una prova brillante), Lucia Peretti e Cecilia Maffei si meritano la finale a quattro di martedì 20 contro le superpoten­ze Cina (subito record olimpico), Corea del Sud e Canada. Venticinqu­e giri, una suburra di lame, gomiti appuntiti, sguardi affilati. Fontana e Valcepina costruisco­no, Peretti e Maffei mantengono. All’ultima curva Arianna è brava a resistere al ritorno dell’olandese Schulting, che era riuscita a superare all’ultimo giro. È record italiano (6’05’’918), è l’occasione per il gineceo delle nostre donne di andarsi a prendere un’altra medaglia dopo i bronzi di Torino, dove Arianna era giovanissi­ma, e Sochi. «Con questa bandiera in pugno non temo più nulla» aveva detto nella notte della sfilata. Ancora una volta, la bionda atomica non mentiva.

Record italiano Realizzato il miglior tempo. Martedì le ragazze contro Cina, Corea e Canada

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Arianna Fontana guida il gruppo durante la gara di staffetta (sopra). Nella foto in basso Arianna Fontana, Cecilia Maffei, Lucia Peretti, Martina Valcepina soddisfatt­e dopo aver conquistat­o la finale (Lapresse)
Quattro azzurre da applausi Arianna Fontana guida il gruppo durante la gara di staffetta (sopra). Nella foto in basso Arianna Fontana, Cecilia Maffei, Lucia Peretti, Martina Valcepina soddisfatt­e dopo aver conquistat­o la finale (Lapresse)
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