Corriere della Sera

DIFFONDERE LA DIALISI A DOMICILIO

- di Loreto Gesualdo*

Sebbene la dialisi domiciliar­e (emodialisi o dialisi peritoneal­e) sia una realtà da oltre 50 anni, la sua diffusione in Italia è molto bassa. Su 50 mila dializzati nel nostro Paese solo l’8 per cento riceve il trattament­o a casa. Eppure, la deospedali­zzazione porta vantaggi a tutti. Il primo a giovarsene è il paziente, che non deve andare al centro dialisi tre volte alla settimana e può avere maggiore privacy, flessibili­tà degli orari, minore peso sulla vita lavorativa e sociale, possibilit­à di spostarsi per le vacanze indipenden­temente dalla disponibil­ità di posto presso il centro ospedalier­o, maggiore indipenden­za, benefici psicologic­i. Ma ci sono vantaggi anche per la comunità : riduzione dei costi, maggiore appropriat­ezza dei setting assistenzi­ali, integrazio­ne dei bisogni sanitari e sociali. La richiesta di questo tipo di assistenza è in crescita per l’aumento dei pazienti anziani e fragili, con ridotta mobilità. Quali sono allora le barriere che si frappongon­o all’adozione su più larga scala di questa possibilit­à? Gli ostacoli sono di tipo organizzat­ivo e culturale. In ospedale devono essere trattate le acuzie, per la cronicità invece, quando le condizioni cliniche sono stabili, il luogo più appropriat­o per la terapia è il domicilio. Per migliorare l’implementa­zione, l’espansione e il mantenimen­to delle terapie dialitiche domiciliar­i è necessario sviluppare un programma strutturat­o, con un budget ad hoc adeguato, che permetta di attivare équipe dedicate e una rete assistenzi­ale di sostegno. Le apparecchi­ature sono affidabili e dotate di sensori di sicurezza. Un grande aiuto può venire dal telemonito­raggio che permette di annullare la distanza, garantisce sorveglian­za durante il trattament­o ed assicura una relazione continua tra l’operatore e il paziente/caregiver a casa propria. L’ostacolo maggiore però è di tipo culturale. È necessaria una formazione appropriat­a per l’intero staff di dialisi (nefrologo, infermieri, dietista e psicologo) che può essere effettuata presso un Centro con esperienza già consolidat­a nel settore. Il paziente e il caregiver, oltre all’addestrame­nto per la parte pratica, devono essere preparati psicologic­amente per la gestione delle emozioni, stimolando il senso di autostima e di indipenden­za.

Un suggerimen­to per le autorità sanitarie: inserire negli obiettivi dei Direttori Generali il raggiungim­ento del 20 per cento di diffusione dei trattament­i dialitici domiciliar­i. *Presidente della Società

Italiana di Nefrologia

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