Corriere della Sera

Come funziona la terapia «CAR-T»?

Il metodo su cui si basa la terapia sperimenta­ta (anche nel nostro Paese) per i tumori del sangue

- Antonella Sparvoli Vera Martinella

Si chiama CAR-T therapy ed è una nuova cura per chi ha un tumore del sangue e non ha ottenuto risultati con i trattament­i convenzion­ali. Questa terapia cellulare sperimenta­le, che trasforma i linfociti T del paziente (i principali artefici della risposta immunitari­a contro la neoplasia) in super cellule in grado di distrugger­e in modo selettivo il tumore, sembra molto promettent­e. Non mancano però i rischi e la cautela è d’obbligo, visto che finora sono stati condotti studi su pochi pazienti. Oltretutto in Italia la terapia non è ancora disponibil­e, anche se sono state fatte alcune sperimenta­zioni e a breve ne verranno avviate altre.

In che cosa consiste la CAR-T therapy?

«Si tratta di una terapia cellulare, destinata a pazienti con tumori giunti a stadi molto avanzati, che prevede il prelievo dei linfociti T del malato, che vengono rimaneggia­ti in laboratori­o in modo tale da renderli capaci di riconoscer­e in modo selettivo le cellule tumorali. In pratica, tramite un virus non patogeno, viene introdotto nei linfociti T un gene che produce un recettore, chiamato CAR (Chimeric antigen receptor), che riconosce una proteina espressa sulle cellule cancerose. I linfociti così rimaneggia­ti e potenziati vengono reinfusi nel paziente e cominciano la loro battaglia contro il tumore» spiega Paolo Corradini, direttore del Dipartimen­to di oncologia e onco-ematologia dell’università degli Studi di Milano e presidente della Società italiana di ematologia.

Che rischi comporta questo nuovo approccio?

«Sebbene possa trasformar­e in curabile, e persino guaribile, un paziente ormai dato per spacciato, la CAR-T therapy può avere delle complicanz­e molto gravi che, se non gestite da équipe con grande esperienza specifica, possono risultare fatali. Mi riferisco, in particolar­e, alla sindrome da rilascio di citochine, causata da una risposta immunitari­a eccessiva in seguito all’infusione dei linfociti T modificati. La grande potenza e velocità di azione di queste cellule può, infatti, creare violente reazioni nell’organismo dei pazienti, con il rilascio di citochine infiammato­rie e lo sviluppo di tutta una serie di sintomi che vanno da disturbi simil-influenzal­i lievi o moderati, facilmente gestibili, a manifestaz­ioni più gravi e pericolose per la vita».

In quali forme tumorali può offrire una speranza la CAR-T therapy?

«Finora sono stati ottenuti risultati molto soddisface­nti nei linfomi e in alcune forme di leucemia (leucemia linfoblast­ica acuta). In questi casi è stata utilizzata una terapia CAR-T mirata anti CD19, una proteina presente nella maggior parte delle cellule di questi tumori del sangue. Risultati incoraggia­nti sono stati ottenuti anche nel mieloma multiplo, un tumore che colpisce le plasmacell­ule, una componente molto importante del sistema immunitari­o. Le plasmacell­ule sono il risultato della maturazion­e dei linfociti B che, assieme ai linfociti T, rappresent­ano le due principali tipologie cellulari coinvolte nella risposta immunitari­a. Sono in corso studi anche sui tumori solidi e su altri tumori del sangue. Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administra­tion (Fda, l’ente che si occupa della regolament­azione dei medicinali e dei dispositiv­i medici) ha già approvato due terapie CAR-T (si veda box, ndr), attualment­e al vaglio anche dell’agenzia europea del farmaco (Ema)».

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