Come funziona la terapia «CAR-T»?
Il metodo su cui si basa la terapia sperimentata (anche nel nostro Paese) per i tumori del sangue
Si chiama CAR-T therapy ed è una nuova cura per chi ha un tumore del sangue e non ha ottenuto risultati con i trattamenti convenzionali. Questa terapia cellulare sperimentale, che trasforma i linfociti T del paziente (i principali artefici della risposta immunitaria contro la neoplasia) in super cellule in grado di distruggere in modo selettivo il tumore, sembra molto promettente. Non mancano però i rischi e la cautela è d’obbligo, visto che finora sono stati condotti studi su pochi pazienti. Oltretutto in Italia la terapia non è ancora disponibile, anche se sono state fatte alcune sperimentazioni e a breve ne verranno avviate altre.
In che cosa consiste la CAR-T therapy?
«Si tratta di una terapia cellulare, destinata a pazienti con tumori giunti a stadi molto avanzati, che prevede il prelievo dei linfociti T del malato, che vengono rimaneggiati in laboratorio in modo tale da renderli capaci di riconoscere in modo selettivo le cellule tumorali. In pratica, tramite un virus non patogeno, viene introdotto nei linfociti T un gene che produce un recettore, chiamato CAR (Chimeric antigen receptor), che riconosce una proteina espressa sulle cellule cancerose. I linfociti così rimaneggiati e potenziati vengono reinfusi nel paziente e cominciano la loro battaglia contro il tumore» spiega Paolo Corradini, direttore del Dipartimento di oncologia e onco-ematologia dell’università degli Studi di Milano e presidente della Società italiana di ematologia.
Che rischi comporta questo nuovo approccio?
«Sebbene possa trasformare in curabile, e persino guaribile, un paziente ormai dato per spacciato, la CAR-T therapy può avere delle complicanze molto gravi che, se non gestite da équipe con grande esperienza specifica, possono risultare fatali. Mi riferisco, in particolare, alla sindrome da rilascio di citochine, causata da una risposta immunitaria eccessiva in seguito all’infusione dei linfociti T modificati. La grande potenza e velocità di azione di queste cellule può, infatti, creare violente reazioni nell’organismo dei pazienti, con il rilascio di citochine infiammatorie e lo sviluppo di tutta una serie di sintomi che vanno da disturbi simil-influenzali lievi o moderati, facilmente gestibili, a manifestazioni più gravi e pericolose per la vita».
In quali forme tumorali può offrire una speranza la CAR-T therapy?
«Finora sono stati ottenuti risultati molto soddisfacenti nei linfomi e in alcune forme di leucemia (leucemia linfoblastica acuta). In questi casi è stata utilizzata una terapia CAR-T mirata anti CD19, una proteina presente nella maggior parte delle cellule di questi tumori del sangue. Risultati incoraggianti sono stati ottenuti anche nel mieloma multiplo, un tumore che colpisce le plasmacellule, una componente molto importante del sistema immunitario. Le plasmacellule sono il risultato della maturazione dei linfociti B che, assieme ai linfociti T, rappresentano le due principali tipologie cellulari coinvolte nella risposta immunitaria. Sono in corso studi anche sui tumori solidi e su altri tumori del sangue. Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (Fda, l’ente che si occupa della regolamentazione dei medicinali e dei dispositivi medici) ha già approvato due terapie CAR-T (si veda box, ndr), attualmente al vaglio anche dell’agenzia europea del farmaco (Ema)».