Vendita di Italo, il premier critico
Il premier: potevano avere l’ambizione di un progetto europeo
«Si sono comportati come una startup». La vendita di Italo Ntv al fondo Usa Global Infrastructure Partners non è andata giù al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Ieri durante la trasmissione Otto e mezzo su La7 il premier si è detto «dispiaciuto» per l’operazione con la quale gli azionisti dell’impresa ferroviaria dell’alta velocità hanno ceduto il 100% per circa due miliardi di euro. «Avrebbero potuto esercitare un’ambizione maggiore. È buffo che grandissime imprese e grandissime istituzioni finanziarie non abbiano coltivato l’ambizione di un progetto europeo: potevamo coltivarla anche noi italiani», ha detto Gentiloni riferendosi alla scelta dei soci finanziari — Intesa Sanpaolo e Generali — e i privati, come Luca Cordero di Montezemolo, Flavio Cattaneo, l’armatore Punzo, il patron della Brembo Alberto Bombassei, Isabella Seragnoli e Diego Della Valle. Gentiloni non ha voluto rispondere alla domanda della conduttrice Lilli Gruber riguardo all’eventualità o meno di aver parlato della vendita che stava per avvenire con il presidente di Italo Montezemolo. Ma ha ammesso di essersi confrontato con il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, che si era schierato (al pari del suo collega al Tesoro Pier Carlo Padoan) per il collocamento in Borsa del 40% della società.
In realtà già il giorno successivo alla firma dell’atto di vendita di Italo Ntv erano cominciati i distinguo. Proprio Della Valle, azionista di controllo di Tod’s, aveva detto di essere stato costretto a vendere perché gli altri soci avevano ormai sposato quella linea. Prendendone atto «per evitare di rimanere azionista di minoranza e non influente», essendo fuori dal consiglio e non avendo partecipato «ad alcuna decisione». Un’accusa che Della Valle ha motivato con le aspettative di crescita di Italo che avrebbe dovuto suggerire «al nucleo di soci fondatori di rimanere unito alla guida per governare la politica delle alleanze con partner internazionali del settore». I soci finanziari hanno però deciso di vendere anche perché il trasporto ferroviario non è il cuore delle loro attività e l’offerta del maggior fondo infrastrutturale del mondo ha riconosciuto un premio di controllo del 25% rispetto alla valutazione media degli analisti sulla sua capitalizzazione di Borsa. La gran parte delle banche d’affari del consorzio aveva indicato una forchetta tra 1,3 e 1,7 miliardi.