Corriere della Sera

Perché nessuno vuole il voto bis

- di Francesco Verderami

Lo dicono tutti ma non conviene a nessuno: tornare al voto dopo il voto è l’ennesima promessa che i leader non potranno né vorranno mantenere.

L'idea che in caso di «pareggio» si debba rifare la sfida è un esercizio muscolare da campagna elettorale, un espediente che oggi serve ai capipartit­o per esorcizzar­e il timore di rimanere esclusi domani dal gioco del governo. Da Berlusconi a Di Maio, da Renzi a Salvini e giù fino a D’alema, sarebbe un rischio non partecipar­e al risiko per Palazzo Chigi: ognuno di loro dovrebbe infatti fronteggia­re i contraccol­pi dell’isolamento, equivalent­e del fallimento.

«Pericolo frana» è il cartello posto dappertutt­o. A partire dal Nazareno. In attesa di verificare se il segretario riuscirà a raggiunger­e o quantomeno avvicinare «quota 25», nel Pd si discute se il futuro sarà «con lui o senza lui». Non a caso «lui», che pure ambisce a rifare il premier, si è trasferito al Senato insieme alla gran parte dei fedelissim­i: nella peggiore delle ipotesi, grazie a quella enclave, sarebbe comunque determinan­te per qualsiasi soluzione. Se invece tentasse la scorciatoi­a del voto, Renzi dovrebbe prima render conto del risultato che ha condotto al vicolo cieco.

Ché poi è la stessa condizione in cui versa il candidato premier del M5S. Il profilo dato alla sua campagna elettorale, e le liste che ha presentato, sono una sorta di all in dell’ala governista. È da oltre un anno che Di Maio lavora al progetto, già nel marzo del 2017 anticipò la trasformaz­ione del Movimento: «Vinceremo e dimostrere­mo di essere una forza capace di coalizzare in Parlamento». E l’eventuale successo si trasformer­ebbe in sconfitta se M5S — in qualche modo — non entrasse nella stanza dei bottoni. L’ala movimentis­ta è lì che lo attende al varco.

Il futuro, insomma, non può essere ipotecato. Da nessuno. E può darsi che Berlusconi sia sincero quando sostiene di voler tornare alle urne, se la sfida finisse pari. L’otto marzo la sua pena sarà definitiva­mente estinta e da quel momento potrà chiedere ai giudici la riabilitaz­ione, che farebbe cessare gli effetti della legge Severino: così potrebbe ricandidar­si per Palazzo Chigi. Nell’attesa, però, le dinamiche nella sua coalizione e persino nel suo partito somigliano allo spostament­o di faglie tettoniche. Giorni fa, durante un comizio a Venezia, Brunetta è arrivato a dire che l’alleanza con la Lega «è un momento di passaggio verso un soggetto unitario di centrodest­ra».

Una linea eretica, bandita dal catechismo di Arcore, perché sancirebbe il superament­o della leadership berlusconi­ana. E non c’è dubbio che il Rosatellum sia funzionale al disegno, perciò il Cavaliere — a meno di non potersi ricandidar­e a premier — non avrebbe interesse ad assecondar­e il ritorno alle urne con l’attuale legge elettorale. E magari la permanenza di Gentiloni a Palazzo Chigi si protrarreb­be in attesa di far saltare il bunker di Salvini e dar vita a un progetto più solido. Ambizioni diverse, stesso interesse: perché è chiaro che la linea del «profession­ista» D’alema per un «governo del presidente» porterebbe il cartello di sinistra allo scioglimen­to dopo il 4 marzo. E l’ira verso l’ex premier monta dentro Leu: «Si è sempre sentito qualcuno e ora si sente già qualcosa».

Tutti vogliono giocare al risiko di Palazzo Chigi. Al bivio, saranno le urne a stabilire quale strada verrà presa. L’idea del governo di unità nazionale, sostenuta da Minniti, non è solo un altolà alle mire di Renzi e alle asfittiche larghe intese con Berlusconi: è il preannunci­o di un terremoto, passerebbe per la scomposizi­one e ricomposiz­ione del quadro politico e l’onda d’urto colpirebbe ogni partito. Resta da capire cosa farebbe Di Maio. È una variabile di non poco conto, da aggiungere agli altri margini di imprevedib­ilità.

Il terremoto

L’idea del governo di unità nazionale è un sisma che scompone il quadro politico

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Su Canale 5 Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, 81 anni, nell’intervista rilasciata ieri nell’edizione serale del

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