PERCHÉ IL CASO RIMBORSI NON DANNEGGIA I 5 STELLE
Caro Aldo, non ho votato e non voterò per i 5 Stelle, però va loro riconosciuto che hanno versato oltre 23 milioni dei loro emolumenti parlamentari a favore del fondo per il microcredito alle piccole imprese. Qualcuno non ha versato tutto quello che si era impegnato a versare, ma sembra fuori luogo la polemica montata da Renzi e dal Pd i cui parlamentari non solo non hanno rinunciato a un euro, ma alcuni di loro non hanno nemmeno corrisposto al partito la quota che si erano impegnati a versare.
Caro Pietro,
Pietro Volpi
La vicenda dei deputati grillini che postavano in rete falsi bonifici e si tenevano lo stipendio non farà perdere voti ai 5 Stelle. Da una parte emergono biografie di parlamentari per caso, senza arte né parte; ma questo già si sapeva. Non tutti gli italiani sapevano però che i 5 Stelle restituiscono parte di quanto ricevono dallo Stato, finanziando un fondo a sostegno delle piccole imprese.
Questa legislatura ha sprecato una grande occasione. Occorreva una riforma complessiva dei costi della politica. Qualcosa è stato fatto. Ma la legge che interveniva sui privilegi scandalosi degli ex parlamentari, che si erano assegnati l’un l’altro lauti vitalizi, dopo il sì della Camera si è fermata in Senato. Quasi tutti i consigli regionali, scaduti i tagli, non li hanno rinnovati, con motivazioni irritanti («l’emergenza è finita», «il Paese si è rimesso in moto…»). La sfiducia profonda verso lo Stato e la politica nasce anche da questi episodi. Un po’ a tutti noi viene da pensare che pagheremmo volentieri le tasse se servissero a comprare un nuovo macchinario per un ospedale pediatrico, e molto meno volentieri se vanno al vitalizio di un politico di lungo corso; ma la democrazia ha un costo, ed è giusto pagarlo. Purché il rigore che lo Stato ha imposto ai cittadini valga anche per i politici. Questo non è populismo; è moralità. L’obiezione che viene fatta di solito è questa: l’importante non è tagliare gli stipendi, è che il politico lavori e prenda decisioni giuste; se gli emolumenti scendono troppo, i migliori non saranno attratti dalla politica. Ed è vero che lo status del parlamentare è molto diminuito: sono troppi, contano poco, sono nominati dai capi partito, si limitano a vidimare decisioni altrui. Ma non saranno gli stipendi a ricostruire il loro ruolo e la loro dignità. Servirebbe una grande riforma del sistema. Una sola Camera era il primo passo; ma la stragrande maggioranza del ceto politico si è opposto con veemenza, trascinando con sé — complici gli errori di Renzi — la maggioranza degli italiani.