Corriere della Sera

Euro ai massimi da tre anni Gli Usa: forti dazi sull’acciaio

La moneta unica fino a 1,255 sul dollaro. I piani di Calenda per l’auto

- Corinna De Cesare

La Banca centrale europea lo ha ribadito nel suo ultimo bollettino: «la volatilità dell’euro rappresent­a una fonte di incertezza» da monitorare per le possibili implicazio­ni sulle «prospettiv­e di medio termine dell’inflazione». Non è un caso: la Bce ha analizzato l’andamento della valuta che dal 24 gennaio ha visto il cambio effettivo apprezzars­i dello 0,7%: l’euro è salito del 4,3% sul dollaro e dell’1,3% sullo yen. Ieri mattina la moneta unica ha toccato i massimi da tre anni a questa parte arrivando a essere scambiata a 1,2555 dollari, il livello più alto da metà dicembre 2014. Poi ha ripiegato tornando a 1,24 in coda a una settimana in cui le Borse europee hanno infilato il terzo rialzo consecutiv­o (Piazza Affari +1,3%).

Il timore diffuso è che un euro forte possa rallentare la crescita italiana in un periodo in cui il nostro Paese sta recuperand­o terreno sul fronte export. Le esportazio­ni nel 2017 hanno registrato un balzo del 7,4%, segnando la crescita più alta dal 2011. Numeri record anche per l’avanzo commercial­e di 47,5 miliardi, il secondo più alto mai registrato dall’inizio delle serie nel 1991. «Se l’anno scorso abbiamo chiuso un 2016 segnato da crisi e instabilit­à dove comunque la crescita del made in Italy nel mondo non si era arrestata — ha spiegato il sottosegre­tario allo Sviluppo economico Ivan Scalfarott­o — quest’anno si registra un deciso cambio di passo che riporta alcuni settori e mercati a ritmi di crescita positivi degli anni migliori». Negli Stati Uniti, ad esempio, l’italia è tornata a crescere quasi del 10% come nel 2014, anche se il boom delle nostre vendite sul mercato statuniten­se si è avuto nel 2015 quando fu messo a segno un +20%. Proprio dall’america è giunto ieri un segnale molto forte sul fronte importazio­ni: il dipartimen­to del Commercio ha raccomanda­to alla Casa Bianca l’imposizion­e di dazi pesanti (almeno al 24%, secondo il Financial Times) sui produttori stranieri di acciaio e alluminio. Le raccomanda­zioni prendono di mira Cina, India, Russia, Sudafrica, Brasile.

Un tema sensibile, per altri versi, anche per l’italia. Solo pochi giorni fa il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha scritto all’ue per chiedere che sulla vicenda Embraco monitori «le politiche fiscali di incentivi diretti» del governo slovacco. Per accertarsi che «rispettino le regole sugli aiuti di Stato».

Sotto accusa insomma c’è il dumping fiscale. «C’è chi parla di dazi — ha poi spiegato Calenda riferendos­i agli Usa — e chi vara il piano “made in Italy” per aumentare il numero di imprese esportatri­ci». Come ha fatto l’italia nel 2017. Un piano sarà messo a punto anche per il settore automotive: «Abbiamo fatto il punto con le organizzaz­ioni sindacali — ha aggiunto Calenda —. L’obiettivo è produrre un vero e proprio piano industrial­e per il settore». Un ruolo determinan­te, nella partita, lo avrà senz’altro il super-euro che potrebbe non solo complicare la strategia della Bce di uscita dalla politica monetaria espansiva (esercitand­o una pressione deflazioni­stica nell’eurozona) ma anche creare non poche difficoltà alle imprese. Un cambio euro-dollaro a 1,3-1,4 potrebbe tradursi per le aziende in un calo di esportazio­ni (e utili).

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