Eni raddoppia la cassa e fa il pieno di utili La spinta del greggio e della cura Descalzi
Profitti a 3,4 miliardi e produzione record. L’amministratore delegato: risultati eccellenti
MILANO Il primo anno del secondo mandato di Claudio Descalzi alla guida dell’eni si chiude con «risultati eccellenti», come li ha definiti l’amministratore delegato evidenziando gli effetti del «processo di profondo cambiamento avviato nel 2014»: utile a 3,427 miliardi contro la perdita di 1,464 miliardi del 2016, utile netto «adjusted» che passa dal rosso di 340 milioni dello scorso anno a 2,411 miliardi, record nella produzione media annua di idrocarburi pari a 1,82 milioni di barili al giorno. Sulla base di questi risultati sarà proposto al consiglio un dividendo di 0,80 euro per azione.
Descalzi in genere propenso a vedere il bicchiere mezzo vuoto, snocciola i numeri: «La generazione di cassa è raddoppiata anno su anno ed è arrivata a circa 10 miliardi a fronte di un aumento del Brent del 22%, la ristrutturazione del gruppo ci ha dato molto ossigeno, abbiamo raggiunto il massimo storico della Petrolio
● La produzione di idrocarburi del quarto trimestre 2017 è stata di 1,89 milioni di barili al giorno, il livello trimestrale più elevato degli ultimi sette anni (+1,9% rispetto allo stesso periodo del 2016). Anche la media annua è la più elevata di sempre a 1,82 milioni di barili. Per il 2018 è attesa una crescita del 3% nella produzione nostra produzione pur riducendo del 40% gli investimenti di sviluppo, nel gas & power l’utile operativo è strutturalmente positivo con un anno di anticipo rispetto ai piani, nella raffinazione il risultato operativo è un record degli ultimi 8 anni e nella Chimica abbiamo conseguito la migliore performance operativa di sempre». La cura Descalzi ha permesso di ridurre la «cash neutrality» a 57 dollari al barile (nel 2013 era di 127 dollari): «Abbiamo superato tutte le aspettative — spiega —. Alcuni dicevano che sarebbe stata sui 60-62 dollari». Questo ha permesso al colosso petrolifero «di rinforzare ulteriormente la struttura patrimoniale anche grazie alle dismissioni». L’indebitamento finanziario netto è di 10,92 miliardi contro i 14,78 del 2016. Le dismissioni nette hanno portato incassi per 3,8 miliardi. Nel 2017 Eni ha ceduto il 40% dell’asset Zhor in Egitto a Bp/rosneft e il 25% dell’area 4 in Mozambico a Exxonmobil. La strategia Eni «dual exploration model», che prevede da un lato di aumentare le riserve di idrocarburi e dall’altro monetizzare anticipatamente gli investimenti attraverso la vendita di quote di minoranza, «ci sta dando successi e continuerà nel futuro» con «potenziali parziali disinvestimenti nelle aree scoperte più di recente, come il Messico e l’indonesia», ha spiegato il cfo Massimo Mondazzi durante la conference call con gli analisti.
Per quest’anno il Cane a sei zampe prevede investimenti per circa 8 miliardi e una crescita nella produzione di idrocarburi del 3% garantita dagli avvii 2017, in particolare Egitto, Angola e Indonesia, e da quelli di grandi giacimenti in produzione come Libia, Angola e Ghana. «In presenza di scenari anche più difficili Eni è pronta ad abbassare la cash neutrality — ha detto Descalzi — e a proseguire sulla disciplina finanziaria ». Sulla vicenda della piattaforma Eni che è stata bloccata al largo di Cipro dalle navi militari turche, Descalzi ha spiegato che «la situazione non è sotto il nostro controllo», «le diplomazie stanno discutendo, al momento stiamo aspettando».