Arianna a caccia di un altro titolo Ultima chiamata per Dorothea
PYEONGCHANG L’olimpiade di Arianna Fontana e Dorothea Wierer è lontana più dei cinquanta chilometri che dividono Gangneung, sede dei Giochi del ghiaccio, e Alpensia, sede dei Giochi della neve. La bionda atomica oggi torna in pista per arrotondare il bottino di medaglie, Calamity Jane per sfatare il tabù del podio olimpico individuale, vero obiettivo della sua spedizione coreana. L’oro di Arianna nei 500 metri è stato di ispirazione per tutta la compagnia dei celestini, per di più Dorothea è vicina di stanza al villaggio di Dominick Windisch, che con il bronzo nella sprint sembrava aver spalancato sotto gli sci stretti degli azzurri l’olimpiade del biathlon. Basterà? La Fontana aggredisce i 1500 metri, distanza sulla quale è stata bronzo a Sochi 2014. È tranquilla, determinata, sicura di far bene. Ieri, dopo un buon allenamento e la cena, si è concessa un paio d’ore di Netflix in camera. Dopo la prova di forza nel sprint olimpico, le avversarie la guarderanno in un altro modo. «Ha fatto grandi passi avanti nei 1000 e anche nei 1500 — racconta coach Kenan Gouadec, il canadese che ha il delicato compito di gestire il capitale umano valtellinese —, Arianna è una di quelle atlete che sanno migliorarsi un po’, anche poco, ogni volta che tocca il ghiaccio. Eppure, c’è ancora da imparare». Prima batteria, caschetto numero 9, quinta come posizione di partenza. Le prime tre di ogni eliminatoria vanno in semifinale. Se Arianna scivola via (quasi) senza pensieri, per Dorothea l’olimpiade è un tormento. Dal letto al cibo della mensa, dal freddo al vento, dal fuso orario alla pista, nulla le piace di questi Giochi. Eppure, da professionista, Calamity non vuole lasciare nulla di intentato. La 12,5 chilometri mass start, una caccia all’uomo (alla donna), è più nelle sue corde della prova individuale ed è, soprattutto, l’ultima chance di medaglia prima delle due staffette. Gli sci sono veloci, i tempi del fondo eccellenti. Il problema, in questo momento, è il tiro in uno sport dove un solo errore al poligono (più spesso due) possono costare la medaglia. Ecco perché la Wierer ieri ha ripetuto allo sfinimento una fase della concentrazione che, in gergo tecnico, si chiama puntamento: è una sorta di riscaldamento in cui si simulano, in una stanza chiusa, le condizioni di tiro al poligono. È un gesto meccanico che, per essere efficace, necessita della precisione mancata alla Wierer fin qui in Corea.