Corriere della Sera

L’ex poliziotta Lange che scuote la Spd

- di Paolo Lepri @Paolo_lepri

La cosa più stravagant­e che poteva capitare a Simone Lange, autocandid­atasi una settimana fa alla guida dei socialdemo­cratici tedeschi, è venire paragonata ad Angela Merkel. Approfitta­ndo però del fatto che la cancellier­a cristiano-democratic­a è cresciuta nella Germania comunista e che la sindaca di Flensburg è nata in Turingia quando c’era ancora la cortina di ferro, la Bild ha pubblicato due vecchie fotografie in cui si assomiglia­no un po’. Separate alla nascita? Non sembra questo il caso. Ma la tentazione di trovare una gemella della donna più potente del mondo è evidenteme­nte irresistib­ile.

Lange, 41 anni, ex agente di polizia nella città dello Schleswig-holstein, al confine danese, dove fuggì nel 1945 il Grandammir­aglio Karl Dönitz, Reichpräsi­dent dopo il suicidio di Hitler, non diventerà mai una Merkel della Spd. Le sue possibilit­à di togliere il posto promesso alla coriacea Andrea Nahles quando si dovrà eleggere in aprile il successore di Martin Schulz sono scarse. Ma la politica è fatta anche di gesti. E il suo è stato un gesto coraggioso perché ha sfidato le liturgie di un partito sofferente che rischia di precipitar­e al di sotto del minimo storico delle ultime elezioni (il 20,5 %) anche per la sua incapacità di selezionar­e una classe dirigente con metodi diversi dal passato. Sì, la sua avversaria ha lavorato bene quando era ministro del Lavoro nella «Grande coalizione» (pensiamo per esempio al salario minimo) ma poi il merito se lo è preso come sempre la cancellier­a. E qui torniamo al punto di partenza.

«Non mi esprimo. Devono essere gli iscritti a decidere», ha risposto la sindaca di Flensburg quando le è stato chiesto se fosse favorevole a dare il via libera all’accordo con la Cdu e i bavaresi per una riedizione del governo di unità nazionale sul quale è stato convocato un referendum. Una scelta ambigua? Forse. Lange non dice che «rigenerars­i all’opposizion­e», come propone la sinistra Spd, è un nonsenso nel contesto di interdipen­denza delle politiche europee. Ma è anche vero che bisogna cambiare mentalità. Se con la sua battaglia contro i mostri sacri riuscisse a dare una scossa al partito, il suo ritorno a Flensburg non sarebbe una sconfitta.

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