Gentiloni al corteo Anpi: diffidare di chi sparge odio e giustifica la violenza Renzi: insieme per la volata
ROMA C’è tutta (o quasi) la squadra del Pd al corteo antifascista dell’anpi. Ci sono i ministri: Maurizio Martina, Valeria Fedeli, Roberta Pinotti, Anna Finocchiaro, Marianna Madia... C’è l’ex segretario Walter Veltroni. C’è la minoranza con il Guardasigilli Andrea Orlando, che cammina a braccetto con Gianni Cuperlo.
E poi in piazza arrivano anche le «due punte» del Partito democratico, come Matteo Renzi ha soprannominato se stesso e Paolo Gentiloni. Il premier giunge per primo, saluta Carla Nespolo, la presidente dell’anpi, stringe mani, fa qualche selfie con i manifestanti, riceve applausi. Poco dopo, ecco Renzi. Il presidente del Consiglio lo accoglie con un abbraccio bagnato. Sorridono a favore di telecamera e parlano fitto fitto.
«È importante essere qui», esordisce Gentiloni. E aggiunge: «Da questa manifestazione viene un bellissimo messaggio, un messaggio costituzionale. Credo che rassicuri vedere tante persone, che sono venute da tante parti d’italia, anche in una giornata un po’ piovosa. C’è bisogno di sicurezza e legalità». Già, secondo il premier bisogna sempre «diffidare di chi semina odio e giustifica la violenza», perché «rappresenta un pericolo per la sicurezza di tutti». Renzi pronuncia parole simili a quelle del presidente del Consiglio. Con una postilla: «È bello che qui ci sia il premier e che ci sia il Pd in tutte le sue rappresentazioni».
Certo, la presenza di Gentiloni (non a caso decisa da giorni anche con il segretario), quella di Renzi e della squadra del Pd ha uno scopo ben preciso: dimostrare che la sinistra senza il Pd non esiste. E infatti alla manifestazione la delegazione più folta era quella del Nazareno.
Obiettivo, centrato, dunque. Anche grazie all’anpi e alla Cgil. Nonostante i dissapori e le polemiche nemmeno troppo lontane nel tempo, il sindacato e l’associazione dei partigiani hanno preferito, proprio come voleva il Pd, rinviare la manifestazione di Macerata e farla ieri a Roma. Cgil e Anpi, infatti, sanno che se vogliono un punto di riferimento nella prossima legislatura devono comunque guardare a una forza politica a due cifre. Non ci sono nemmeno state contestazioni. Anche perché Renzi per arrivare indenne ed evitare «incidenti» non ha sfilato nel corteo, ma, appena arrivato a piazza del Popolo, è andato subito sul retropalco.
Comunque l’organizzazione della manifestazione era stata ferrea: niente polemiche, utili solo a rovinare l’iniziativa. Quando è andato via, Gentiloni ha avuto pure un breve colloquio con Epifani che era nella delegazione di Leu con tra gli altri, Grasso, Boldrini e Bersani.
Altro fatto importante, per il Partito democratico, è che i «Cinque stelle» si sono rifiutati di firmare la piattaforma della manifestazione. Gli organizzatori li avevano sollecitati a farlo, ma hanno ricevuto un garbato quanto fermo no. I grillini, quindi, hanno preferito tenersi alla larga dall’iniziativa. In piazza c’era solo il vice sindaco Luca Bergamo, il cui cuore una volta batteva per Walter Veltroni.
Il Partito democratico, perciò, anche con questa manifestazione, tenta il rush finale prima del voto, sperando negli incerti, che sono ancora tanti come dimostra la percentuale di quanti non rispondono alle domande dei sondaggisti. Un particolare, questo, che conforta non poco il Pd.
E il rush finale prevede una presenza più massiccia, nei comizi e in televisione, del premier. Renzi ha chiesto a Gentiloni questo sforzo e il presidente del Consiglio non si è fatto pregare: «Farò tutto quello che può essere utile al partito». «In questi ultimi giorni — ha poi spiegato il segretario ai suoi — io e Paolo ci divideremo la scena. Tra noi c’è collaborazione, non competizione».
Perciò stamattina il premier sarà all’eliseo, per una manifestazione con Veltroni. Poi nel pomeriggio sarà ospite di Barbara D’urso, proprio dopo Berlusconi. E martedì pomeriggio, a Roma, Renzi e Gentiloni saranno insieme per una grande iniziativa elettorale alla quale parteciperà anche Nicola Zingaretti.
Nonostante vengano dipinti ormai come due antagonisti, e nonostante le tensioni, che pure ci sono state, il premier e il segretario in questa fase marciano uniti. «Non farò mai sgambetti a Matteo», assicura il presidente del Consiglio. Che, quando gli si fa notare che potrebbe essere chiamato a ricoprire di nuovo il ruolo di capo del governo nella prossima legislatura, dà quasi sempre la stessa risposta standard: «Io farò il mio dovere come sempre». E Renzi non pone ostacoli: «Paolo si giocherà le sue carte, come è giusto che sia».
Il premier Da questa manifestazione viene un messaggio costituzionale Rassicura vedere tanta gente giunta da molte parti d’italia
Il segretario Paolo si giocherà le sue carte, come è giusto che sia Tra noi due c’è collaborazione, non competizione