Vassallo, le sette lettere e le accuse dei fratelli
Dario Vassallo ha appena finito di scrivere un libro, ma dice che aspetterà il 5 settembre per pubblicarlo, l’ottavo anniversario dell’assassinio di suo fratello, Angelo Vassallo, il sindaco-pescatore di Pollica. «Morto con la tessera del Pd in tasca», Dario ci tiene a ricordarlo. Titolo provvisorio del libro: Perché? La risposta ancora non si trova, da quel 5 settembre 2010, quando Angelo Vassallo venne ucciso con nove colpi di pistola. Il 10 febbraio scorso, a Pollica, c’è stata una marcia con gente arrivata da tutta Italia per chiedere alla Procura di Salerno di non archiviare il caso. Ieri Dario, insieme all’altro fratello Massimo, ha voluto rendere note le sette lettere che Angelo Vassallo tra il dicembre 2008 e il settembre 2009 inviò alla Provincia di Salerno e in particolare all’allora assessore ai Lavori Pubblici, Franco Alfieri, per denunciare lo scandalo della strada che avrebbe dovuto collegare Celso di Pollica a Casal Velino — dalle colline al mare del Cilento — finanziata con 600 mila euro e mai realizzata. Strada fantasma, come tante altre nel Cilento, tanto da far scattare un’inchiesta denominata «Ghost Roads». Franco Alfieri, già sindaco di Agropoli e poi capo della segreteria politica del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, il 4 marzo correrà per un posto alla Camera dei deputati. Viene ricordato come l’uomo delle «fritturine» per una battuta fatta dallo stesso De Luca. Il simbolo della «clientela come Cristo comanda», sempre secondo le parole del governatore. Sul punto, però, l’ex assessore del Pd si difende: «Quelle lettere di Vassallo non mi sono mai arrivate, l’ho detto anche ai magistrati; del resto, se le avessi lette senza poi fare niente, sarei stato indagato per omissione d’atti d’ufficio...». Ma i fratelli Vassallo, che lo ritengono un «impresentabile» per un’altra inchiesta (la «Due Torri bis») che lo vide rinviato a giudizio nel 2014 per corruzione, anche se poi nel 2015 arrivò la prescrizione, chiederanno l’intervento della presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi: «Le lettere sono tutte protocollate — concludono —. Se Alfieri non le ha viste, allora ha bisogno di un oculista».