La globalizzazione gentile di Giorgio Armani «Prendo (con saggezza) da molte culture»
E anche Missoni sceglie l’idea del «senza confini»
MILANO Una moda gentile che racconta di altre culture, sconfinando e includendo, ma sempre entro i limiti di un’eleganza senza tempo. Giorgio Armani esplora la globalizzazione del vestire. Un’idea che, dice, sentiva da tempo e che ha voluto affrontare ora con la calma di chi ha visto tanto e ora si può permettere di elaborare con saggezza. Non un Paese, ma tutti. Citazioni delicate: Turchia, India, Cina, Medio Oriente, Spagna, Portogallo, Sudamerica. Un giro del mondo che si ritrova in certe giacche guru, in certi pantaloni morbidi e abbreviati in fondo, in certi ricami spettacolari, in certe nappe che occhieggiano qua e là. In certe sottane che si gonfiano ai bordi, nelle gonne pareo. E poi cappe e tuniche e lunghi soprabiti di maglia. Sulle teste la puntualizzazione: cappelli che parlano tutti gli idiomi. E un lavoro sulle calzature strepitoso: dai lunghi cuissard tutti un laccio che danno grinta a una sera luccicante e femminile ai tronchetti anche in tessuti intrecciati e colorati. Colori armaniani con i blu unici.«ho sempre pensato al mio lavoro come una risposta al tempo presente — è il messaggio dello stilista — perché gli abiti influenzano comportamenti e modi di essere. Così ho immaginato una collezione senza confini, ricca, che attinge a molte culture per creare una moda in cui la compresenza si oppone all’esclusione. A legare tutto, il mio gusto per l’eleganza lineare».
E nella giornata milanese della politica e della tensione la moda srotola la bandiera dell’all together: anche Angela Missoni si ritrova, involontariamente, paladina del senza confini. Sostenitrice di seconda generazioni del linguaggio multiculturale della curiosità e della conoscenza. Così il suo show folk e globale è indirettamente una risposta ai fumi separatisti. Un giro del mondo 360 gradi da Londra alla Jamaica, dal Marocco a New York dove la collezione parte. Un underground etnico colorato da maglie di infinite texture: jacquard, tricot, tessuto, inglese, cotte, a rete. Cappe e mantelle, vestaglie e djellaba, tute e pantaloni palazzo, sciarpe e turbanti. Notevole.
Da Ferragamo esordisce la coppia di stile Paul Andrew (donna) e Guillaume Mailland (uomo) ed è una grande e bella visione sul brand. Stesso linguaggio e stesso rispetto per la storia. E se il francese già si era guadagnato stima e rispetto, nelle due precedenti stagioni, per quel suo stile pulito e funzionale, l’inglese già di suo arrivava con i galloni per il successo in altrettanto tempo delle capsule dai tacchi scultura. E con gli abiti non ha certo deluso. Già l’ispirazione, quella principessa Margareth tormentata e ribelle che in «The Crown» ha conquistato la simpatia di tanti. Le grandi cappe e le mantelle, i pantaloni da cavallerizza, le gonne scivolate e midi sulle piccole giacchette in tessuto o in struzzo, i lunghi pastrani, i pullover cocoon, le tuniche di maglia. E poi, of course, superlativi stivali e stivaletti da nuovi tacchi con geometrie d’oro. Il tutto in impalpabili pellami, dal suede al montone e sete stampa foulard. «È la mia risposta — dice Paul Andrew, soddisfatto — allo street style e a quelle troppe sneaker e casual che vedo in
giro».
La donna di Ermanno Scervino si appropria del maschile addomesticandolo alla sua femminilità scoprendo che così è ancora più sensuale. Un gesto più che un’attitudine. E il risultato è quello di dare allo stile di questo fiorentino tenace un twist nuovo, più contemporaneo. Il cappotto di cammello di lui gettato sulle spalle di lei in abito sottoveste in seta e pizzo o il pullover over sopra alla gonna di tulle o sopra la giacca del tailleur preciso sono un suggerimento interessante. Non rinuncia al tacco la signora, certo, ma quando scende e indossa lussuosissimi anfibi lunghi sino alla coscia di coccodrillo sotto impalpabili vesti di seta tutti un volant lavorati all’uncinetto è uno schianto. Ci sono gli anni Settanta e all’ironia e la spontaneità di una bellezza come Monica Vitti sulla passerella di Elisabetta Franchi donna che ama le donne così senza filtri. Uno show energizzante fra colori e paillettes e lurex suggerito alla luce del sole perché chi lo indossa possa brillare ancora di più. E poi trench e gonne midi con lo spacco maxi e mini ed eco montoni. Non manca nulla all’esprit di quegli anni.
La pelliccia in chiave pop da Simonetta Ravizza, colorata e sdrammatizzata sino al punto da diventare dettaglio “funny” per bordi e inserti di completi in tessuti corposi fatti di mini-gonne svelte e blouson. Il cap di visone, sbarazzino, è Leti motiv dell’intera collezione e contamina con allegria lo show. Francesca Liberatore torna a Milano dopo sei stagioni a New York. Lo fa carica di emozioni raccolte in Pakistan. Le sciarpe ricamate della tradizione sono ornamento e poi anche abito.