Corriere della Sera

Lo stilista e il caso Gucci «A questo gioco non ci sto»

Lo sfogo (e polemiche sul web) dopo la sfilata in sala operatoria

- Matteo Persivale

Fatti per non capirsi. Il profeta dell’armonia e il massimalis­ta neopunk, il milanese (d’adozione) e il romano, l’apollineo e il dionisiaco, l’italiano più famoso del mondo e l’emergente che fino a tre anni fa nessuno conosceva, il signore in maglione blu e il bohémien con la barba e i capelli lunghi e un anello per dito. Giorgio Armani e Alessandro Michele di Gucci: i due poli opposti della moda, che fin dall’inizio (gennaio 2015, debutto di Michele) sono entrati in rotta di collisione.

Allora, quando tutti parlavano di quella estetica inusuale, poetica e genderless vista in passerella da Gucci, senza fare nomi (ma era chiaro il riferiment­o) Armani si pronunciò contro «il mercatino delle pulci». E adesso, dopo la sfilata provocator­ia di Gucci dell’altro giorno, Armani ha parlato: «Io non ci sto. Quando vedo delle teste mozzate in passerella io mi tiro fuori… Non dobbiamo a tutti i costi strafare con un’emotività facile. Non che certi toni siano assenti dalle passerelle: anche qui c’è un’emotività facile che è una spettacola­rizzazione». E ha chiesto ai giornalist­i presenti alla sua sfilata: «Vi faccio una domanda: uno può fare ciò che vuole ma, fatemelo dire, se metto in pedana una testa, sotto un braccio, mozzata, siamo al limite e io non sto a questo gioco, mi tolgo da questo gioco. Non vorrei neanche che i miei guardasser­o ciò che hanno fatto gli altri, se quello che fanno gli altri è questo, meglio che stiamo a casa nostra».

Michele, che ha portato l’azienda a superare quota sei miliardi di fatturato l’anno scorso, un successo-monstre ottenuto in tandem con l’ad Marco Bizzarri, non ha commentato. Di certo il set della sfilata di Gucci — una sala operatoria — non è piaciuto a tutti (c’è chi l’ha trovato irrispetto­so dei malati veri) e l’immagine così forte dei modelli con la testa — repliche perfette — portata sottobracc­io non poteva non far discutere e rimbalzare sui social media (peraltro nel 2009 un altro stilista, Rick Owens, aveva fatto la stessa cosa e non era successo niente, d’altronde lui ha un marchio di nicchia). Se la sono presa anche i Sikh, per i turbanti usati in passerella come accessorio. Tutte cose che hanno fatto passare in secondo piano, ed è un peccato, la notizia della donazione fatta da Gucci — mezzo milione di dollari — alla manifestaz­ione «March For Our Lives» che il mese prossimo a Washington mobiliterà l’america a favore di misure per il controllo delle armi, dopo l’ennesima strage in una scuola.

Di sicuro l’immagine che resta davanti agli occhi è quella dello scorso settembre, ai Green Carpet Fashion Awards milanesi. I premiati, sul palco della Scala: Armani (in smoking), Miuccia Prada (in soprabito dai revers oversize), Pierpaolo Piccioli di Valentino in abito nero e cravatta sottile nera. E Alessandro Michele: in smoking, ma con t-shirt colorata invece della camicia bianca con il classico «sparato» di una volta. Stivali da cowboy rossi invece delle scarpe nere. Berretto da baseball verde dei New York Yankees personaliz­zato con il suo nome (campione unico, ha cominciato a portarlo nelle rare apparizion­i pubbliche e alla fine Gucci è stata costretta a produrlo per l’abbondanza di richieste dei clienti). Lo sguardo di Armani, rivolto verso Michele, diceva tutto: anche prima che pronuncias­se le parole di ieri.

Se metto in passerella una testa sotto un braccio, mozzata, siamo al limite

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 ??  ?? Mondi diversi Armani, Prada, Piccioli e Alessandro Michele di Gucci sul palco della Scala a settembre. Fra il primo e l’ultimo un abisso estetico Sala operatoria Un dettaglio della sfilata di Gucci di mercoledì scorso: alcuni modelli portano una testa...
Mondi diversi Armani, Prada, Piccioli e Alessandro Michele di Gucci sul palco della Scala a settembre. Fra il primo e l’ultimo un abisso estetico Sala operatoria Un dettaglio della sfilata di Gucci di mercoledì scorso: alcuni modelli portano una testa...

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