Corriere della Sera

Lavoro, pronto l’accordo sul nuovo modello di contratto

Confermati i due livelli ma con la flessibili­tà. Il nodo della rappresent­anza

- Enrico Marro

Da domani ogni giorno è buono. Nella settimana che precede le elezioni, Confindust­ria, Cgil, Cisl e Uil potrebbero chiudere l’accordo sulle nuove regole per la contrattaz­ione e per le relazioni sindacali. Il presidente degli industrial­i, Vincenzo Boccia, e i leader delle tre confederaz­ioni, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, dovrebbero incontrars­i per dare il via libera a un testo di 16 pagine che è stato messo a punto in una lunga trattativa riservata fra i tecnici delle due parti.

Il nuovo modello contrattua­le rappresent­a una manutenzio­ne di quello attuale, con la conferma dei due livelli, il contratto nazionale di categoria e quello decentrato (aziendale o territoria­le), ma all’insegna della flessibili­tà. Si lasciano infatti libere le categorie di trovare gli aggiustame­nti tra le voci retributiv­e nei due livelli che meglio si attagliano alle caratteris­tiche del settore, basta che si muovano all’interno di due parametri nuovi, entrambi individuat­i nel contratto nazionale: il Tem, «Trattament­o economico minimo» e il Tec, «Trattament­o economico complessiv­o», comprese le «eventuali forme di welfare». I minimi, come definiti dalle categorie, si adeguerann­o all’indice di inflazione Ipca al netto dei prezzi importati dei carburanti, ma ciascun contratto sceglierà il meccanismo, cioè aumenti in base alle previsioni (come fanno per esempio i chimici, salvo conguaglio) o a consuntivo (i metalmecca­nici). Questo sistema viene però inserito in una cornice potenzialm­ente molto innovativa. Si punta infatti a realizzare l’efficacia erga omnes dei contratti con una legge di sostegno sulla rappresent­atività delle organizzaz­ioni sindacali e - novità importante - di quelle imprendito­riali. Accordi in questo senso Cgil, Cisl e Uil li hanno già sottoscrit­ti con altre organizzaz­ioni come la Confcommer­cio e quindi il terreno sarebbe pronto per compiere questo salto non di poco conto, tenendo conto che storicamen­te sia la Cisl sia la Confindust­ria sono state contrarie a una legge sulla rappresent­anza.

A convincere tutti della necessità di questo salto è stato il moltiplica­rsi dei contratti pirata, stipulati da associazio­ni imprendito­riali e sindacali poco rappresent­ative ma grazie ai quali molte aziende, soprattutt­o nel terziario e nel Sud, hanno potuto applicare minimi retributiv­i inferiori a quelli dei contratti stipulati dalle organizzaz­ioni più rappresent­ative, cosa che non sarebbe più possibile una volta fatta la legge. Come risulta dal censimento del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, i contratti nazionali sono arrivati a quota 868, dei quali 213 solo nel commercio, ma ce ne sono per esempio 31 nella metalmecca­nica e altrettant­i nel tessile.

Nel testo messo a punto dagli sherpa (Albini per la Confindust­ria, Martini per la Cgil, Petteni per la Cisl e Bocchi per la Uil) si legge: «Confindust­ria e Cgil, Cisl, Uil ritengono che l’efficacia generalizz­ata dei contratti collettivi di lavoro costituisc­a un elemento qualifican­te del sistema di relazioni industrial­i e che le intese in materia di rappresent­anza possano costituire, attraverso il loro recepiment­o, il presuppost­o per la definizion­e di un quadro normativo in materia». L’eventuale firma dell’accordo prima delle elezioni consegnere­bbe al Parlamento e al governo che verranno l’indicazion­e di una precisa volontà delle parti di intervenir­e con decisione contro il dumping salariale frutto dell’indetermin­atezza delle regole. Un’indicazion­e fondamenta­le per le parti sociali per mantenere nella contrattaz­ione la loro ragion d’essere, altrimenti minacciata anche dalle proposte di salario minimo per legge. Come quella, per esempio, del Pd, che pur muovendo dall’obiettivo di tutelare le figure deboli prive di contratto (tipo i ragazzi che per pochi euro fanno le consegne) potrebbe finire per restringer­e il potere contrattua­le delle parti.

La bozza contiene poi altre importanti novità. Dalla valorizzaz­ione del welfare aziendale alla promozione di «modalità di partecipaz­ione più efficaci ed incisive con particolar­e riferiment­o agli aspetti di natura organizzat­iva» dell’impresa.

I minimi salariali Nell’accordo tra le parti sociali l’adeguament­o tra i minimi salariali e l’indice di inflazione, ma spazio all’autonomia delle categorie

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