Siemens, la fabbrica hi tech dove si insegna Industria 4.0
A Piacenza un centro di formazione per l’uso dei robot Coppola, sette anni per bancarotta Lente del Tribunale sui consulenti
Qui lo chiamano digital twin. «Gemello digitale». È configurato su un computer industriale targato Siemens. Permette la riproduzione totale da remoto della macchina utensile. E la sua interazione con l’umanoide Kuka, il robot per eccellenza di Industria 4.0. Le applicazioni sono infinite e interessano sia le grandi aziende che intendono sperimentare modifiche alle linee di montaggio, sia le piccole e medie imprese che immaginano di automatizzare progressivamente un determinato ciclo di produzione ma preferiscono capirne prima l’impatto sulla forza lavoro.
La scuola di Industria 4.0 è a Piacenza, pochi chilometri dallo svincolo per l’autostrada. È all’interno di un capannone industriale di circa 750 metri quadri riconvertito a centro tecnologico. Non potevano che realizzarlo i tedeschi di Siemens, leader mondiale nell’automazione. Una conglomerata che investe 5,2 miliardi di euro in ricerca e sviluppo ogni anno e ha trainato la quarta rivoluzione industriale della Germania, legata a doppio filo al modello duale dell’alternanza scuola-lavoro. Racconta Filippo Giannini, direttore di questo prototipo di fabbrica digitale in cui ogni processo è anticipato su computer (dalla tornitura alla fresatura), che il cuore del ragionamento sta tutto in quello che lui definisce «manifattura predittiva». L’interconnessione digitale della produzione, l’interazione uomo-macchina che passa per l’informatica, consente alle aziende-clienti di determinare in anticipo se conviene (e come) realizzare un prodotto. Con quale linea di montaggio. Come distribuire le celle di lavoro nei reparti. Con quali costi. L’analisi dei dati di ogni possibile variazione sulla catena permette, ad esempio, a tutti i grandi colossi dell’auto di capire come intervenire per risparmiare ulteriormente sui processi e per amplificare l’uso dei robot ottimizzando l’efficienza e la produttività.
Ecco perché questo centro tecnologico si sta tramutando in superconsulente di Industria 4.0, con il patrocinio di Ucimu (l’associazione di produttori di macchine utensili), la collaborazione dei Politecnici di Milano, Torino e Bari che qui spediscono i loro ingegneri gestionali, meccanici, di processo, per formarsi sulle ultime novità possibili con i «gemelli digitali».
Giannini rileva che la grande rivoluzione in arrivo, appena abbozzata, è quella della manifattura additiva. Al momento le stampanti digitali non consentono ancora delle economie di scala sostenibili per realizzare prodotti di massa. Restano confinati nelle nicchie, come la componentistica per l’aviazione civile, dove l’uso dei materiali derivanti dai polimeri sta decollando nella fattura degli aerei da parte dei big del settore come Airbus e Boeing o la cinese Comac. Gli investimenti stanno crescendo anche sul fronte della sicurezza informatica. Anche qui a Piacenza risulta evidente come l’interconnessione di tutte le macchine della linea di montaggio sul «gemello digitale» amplifica a dismisura i dati elaborati dai computer industriali, laptop giganti a fungere da cabina di regia dei processi. Archiviati sulle nuvole (i cloud computing) di Amazon e Microsoft e depositati sui datacenter che stanno nascendo ovunque. ● Siemens aiuta nello sviluppo e nella prototipazione virtuale di diverse macchine utensili utilizzate nelle linee di montaggio delle fabbriche MILANO Nella sentenza sulla bancarotta contestata a Danilo Coppola la notizia sta un po’ in testa al dispositivo del verdetto del Tribunale di Milano, che ieri condanna in primo grado l’immobiliarista romano a 7 anni di carcere, e un po’ però anche nella coda del dispositivo, che ordina la trasmissione degli atti alla Procura, «in ordine al ravvisabile concorso» nella bancarotta, a carico dell’ex amministratore delegato di Banco Popolare, Pier Francesco Saviotti (oggi è presidente del comitato esecutivo di Banco Bpm), dell’allora avvocato della banca Giuseppe Mercanti, nonché di alcuni professionisti di Coppola come l’advisor Arnaldo Borghesi (ex Lazard Italia), il fiscalista Vittorio Emanuele Falsitta, i consulenti Fausto Bongiorni, Paolo Costanzo, Francesco Gianni.
Coppola è stato condannato a risarcire le società che egli stesso, ad avviso dei pm Giordano Baggio e Mauro Clerici, ha concorso a fare fallire: 153 milioni a Porta Vittoria spa (parte civile con l’avvocato Davide Sangiorgio), a garanzia dei quali è stato mantenuto il sequestro di immobili già congelati, e una provvisionale di 50 milioni al Gruppo Immobiliare 2004 (parte civile con i legali Salvatore Scuto e Andrea Garello).
L’immobiliarista — per la cui difesa (dopo un turbinoso vortice di legali) si era speso a processo ampiamente in corso l’avvocato Luca Ricci con una arringa di 9 ore e una monumentale consulenza tecnica del commercialista Giangaetano Chi è Bellavia incentrata Danilo Coppola, sulle prospettate corresponsabilità 50 anni, del Banco Popolare e immobiliarista dell’agenzia delle Entrate — condannato é stato assolto dal reato di sottrazione a sette anni fraudolenta al pagamento per bancarotta delle imposte all’erario, con cui ha un debito milionario, e ha visto prescritte alcune imputazioni minori. Ma a seguito della condanna per bancarotta si vede anche confiscare i titoli delle società lussemburghesi Tikal Prima e Estrella 27, affidate a un amministratore giudiziario.
A chiedere il fallimento della Porta Vittoria spa — titolare del mai decollato progetto di riqualificazione della maggiore area dismessa a Milano, 151mila mq. dell’ex scalo ferroviario — era stato il Banco Popolare, nei cui confronti Coppola era esposto per 219 milioni (rispetto a un indebitamento iniziale di circa 800). In seguito, però, i commissari liquidatori hanno derubricato i crediti vantati dall’istituto (che ha una ipoteca sull’area) da privilegiati a «chirografari», motivando la retrocessione con il fatto che, «in una situazione di manifesto squilibrio dell’indebitamento della società rispetto al patrimonio netto e in uno stato di dipendenza finanziaria da terzi al momento dell’erogazione del finanziamento», la banca (che contesta questa ricostruzione) avrebbe esercitato «una forte influenza e attività di indirizzo sulle scelte operative della società, determinandone condotte anche di politica societaria».
Senza che quasi nessuno sapesse dell’approssimarsi domani del compleanno (i 70 anni ai quali le toghe vanno in pensione per legge) della presidente Luisa Ponti, la sentenza di ieri é stata dunque l’ultima di un magistrato che ha fatto la storia del palazzo di giustizia milanese: sin da quando — tra le prime donne in magistratura, guardata quasi con sospetto dagli esaminatori maschi perché per sostenere il concorso aveva lasciato a casa il bambino appena nato — rinviò a giudizio l’ex segretario del Psdi Pietro Longo nello scandalo Icomec. Giudice poi di maxiprocessi di criminalità organizzata come quelli alla famiglia di ‘ndrangheta Di Giovine, Ponti ha presieduto il processo Sme a Berlusconi e Previti, e ha guidato in porto il mastodontico processo principale per il crac Parmalat.
Il gemello digitale La macchina utensile è guidata da remoto attraverso un pc che determina i processi