Spada: «In quella troupe surreale c’è tutto il mio amore per il cinema»
Il regista di «Hotel Gagarin», girato in Armenia: «E dire che studiavo architettura»
«S e vuoi essere felice, comincia». Il copyright è di Lev Tolstoj ma la frase che nel suo lungometraggio di debutto, Hotel Gagarin, Simone Spada ha affidato al professor Nicola Speranza (Giuseppe Battiston) sintetizza bene la sua filosofia di vita. E l’idea di presentarlo in anteprima mondiale proprio a Los Angeles, in apertura dell’edizione numero 13 del L.a.-italia Film Fashion and Art Fest 2018 gli appare come la quadratura di un cerchio. Classe 1973, torinese di nascita ma cresciuto a Trastevere, Spada ha una carriera ventennale come aiuto regista.
Una lunga gavetta cominciata proprio grazie a un viaggio a Los Angeles, racconta il regista al Corriere. «Lì è iniziato tutto: studiavo architettura ma il mio primo amore, fin da piccolo, era il cinema. Sono andato a trovare un amico che già lavorava a Hollywood e ho capito che dovevo provarci». Primo passo: mettere piede su un set. Da allora ne ha frequentati almeno una quarantina, tra fiction (dal Maresciallo Rocca a Tutti pazzi per amore) e cinema (da Signorina Effe di Wilma Labate a Cado dalle nubi e Che bella giornata con Checco Zalone, da Noi e la Giulia di Edoardo Leo a I nostri ragazzi di Ivano De Matteo, da Lo chiamavano Sul set
Da sinistra, Caterina Shulha, Claudio Amendola, Barbora Bobulova, Giuseppe Battiston, il regista Simone Spada, Luca Argentero e Silvia D’amico Jeeg Robot di Gabriele Mainetti a Non essere cattivo di Claudio Caligari). Abbastanza per raccogliere esperienze e emozioni che ha tradotto in questo film, scritto con Lorenzo Rossi Espagnet.
Una dichiarazione d’amore per il cinema. E i suoi protagonisti. Soprattutto quelli che stanno dietro le quinte. «I set sono un mondo a parte, per alcune settimane vivi a contatto stretto con persone spesso molto diverse da te». A tenerli insieme è il lavoro collettivo per dare vita a qualcosa che, agli occhi di Spada, mantiene la magia dei filmini che realizzava da bambino con i suoi compagni di scuola, protagonisti pupazzetti Lego e soldatini. «Realizzare un film è sempre un’impresa, indipendentemente dal budget. A dieci anni mi ero inventato anche una compagnia di produzione, la Tindaro Film».
Lo stesso nome della compagnia che in Hotel Gagarin Franco Paradiso (Tommaso Ragno), faccendiere senza scrupoli e con molti debiti, spedisce in Armenia a girare un film con finanziamenti europei. Destinati, non è difficile prevederlo, a scomparire. «Sono un gruppo di cinque sgangherati, precari dell’animo». Ovvero Battiston, il professore appassionato di letteratura e cinema russi, autore della sceneggiatura; Valeria (Barbora Bobulova) novella direttrice di produzione; Sergio (Luca Argentero), fotografo di matrimoni promosso operatore; Elio (Claudio Amendola), tuttofare chiamato a fare le veci di un’intera troupe tecnica; e la protagonista Patrizia (Silvia D’amico), presa, letteralmente, dalla strada. Si troveranno catapultati in un hotel isolato, il Gagarin, appunto. E nulla sarà come prima.
«È una commedia un po’ sui generis, poetica e malinconica con al centro un gruppo di sconfitti uniti dalla possibilità di credere ai sogni, di inseguire la felicità». Fino alle nevi dell’armenia. «Paese che conoscevo solo grazie alle foto di un viaggio di mia madre e che ho scoperto accogliente e pieno di fascino con paesaggi vagamente lunari e abitanti non troppo lontani dalla nostra sensibilità italiana. Devo dire grazie al mio produttore Marco Belardi che ha creduto fin dall’inizio a questo progetto un po’ folle». Caldeggiato anche da Philippe Leroy che appare in un cameo.
In attesa di conoscere la data di uscita del film nelle nostre sale, Spada accompagnato da Valentina Shulha (che nel film è Kira, factotum dell’improbabile troupe) si gode la felicità dell’anteprima al Chinese Theatre di Hollywood. «Al di là di ogni aspettativa», ammette. «Credo nel cinema errante, senza confini di genere o nazionalità. Il mio film è pieno di omaggi: Salvatores, Scorsese, solo per fare due nomi». E, tra i ringraziamenti, spicca il nome dell’indimenticato Claudio Caligari. «Non essere cattivo è stata un’esperienza umana unica. Claudio era un militante del cinema. Ci ha insegnato tantissimo». Il profilo
Al suo film d’esordio Alle spalle una carriera ventennale da «aiuto»: «Ora una commedia poetica e malinconica»
in Armenia. Spada, classe 1973, è stato aiuto di registi come Wilma Labate, Edoardo Leo, Gabriele Mainetti, Claudio Amendola, Gennaro Nunziante.