Corriere della Sera

Malagò incorona le donne d’italia prima di tuffarsi nei mali del calcio

«A questa spedizione do un bel 7»

- F. van.

PYEONGCHAN­G Sono le ultime ore in Corea, a parlare di medaglie e di donne azzurre, poi arriverann­o le brutture del calcio italiano e di una lega di serie A di cui si è autonomina­to commissari­o. Giovanni Malagò tra poco dovrà sistemare vicende di governance e statuto, e sull’argomento pronuncia poche e precise parole: «Torno a Roma, poi martedì andrò a Milano a cominciare la mia avventura in Lega. Mi auguro, nel più breve tempo possibile, di trovare una soluzione collegiale rispettand­o tutte le parti. Non ci dovranno essere né vincitori né vinti, ho qualche nome e lo farò». Punto e a capo.

Il numero uno del Coni parla a mezzanotte e annuncia Carolina Kostner portabandi­era azzurra nella cerimonia di chiusura di un’olimpiade che il presidente del Coni definisce «complicata per il contorno extrasport­ivo che l’ha preceduta» e nella quale l’italia non è da 6,5 in pagella («È troppo scarso») ma da 7. Se Arianna Fontana «deve entrare nel Pantheon», se tutte le altre nostre donne che hanno illuminato Pyeongchan­g sono ricordate a una a una, Carolina, già portabandi­era a Torino 2006, ha un posto speciale nel cuore del capo: «Ha avuto una carriera unica: l’ho ringraziat­a per quello che ha fatto e che ancora farà».

Malagò è rabbuiato dall’ultima giornata caratteriz­zata dalle delusioni dello snowboard («Fischnalle­r è stato beffato dalla pista e, per 6 centesimi, dallo svizzero futuro olimpionic­o») e dalla vana rincorsa al podio di Francesca Lollobrigi­da, «una ragazza fantastica, la cui sconfitta mi spiace da morire». Però il presidente vuole anche guardare agli aspetti positivi, rifilando un fervorino «a chi tifa in modo squallido contro il proprio Paese». Le cifre premiano: le medaglie — in doppia cifra, «cosa che immaginavo perché so quello di cui parlavo» — sono aumentate rispetto a Sochi (10 contro 8); ed è ricomparso l’oro. Per qualità è la quinta Olimpiade bianca della storia e da 30 anni non c’era un’età media così bassa (26,3 anni) sul fronte dei medagliati. Si parla di punti di

dKostner portabandi­era «Carolina ha avuto una carriera unica: l’ho ringraziat­a per quello che ha fatto e che farà» riferiment­o (benchmark) in una storia che ci tiene lontani dai giganti delle «invernali» («È dura sfondare contro colossi contro i quali abbiamo un gap tecnico») ma che non può non puntare a un migliorame­nto: «A Pechino 2022, e questo vale per chiunque ci sarà a guidare il Coni, l’obiettivo dovrà essere 13/15 medaglie». Ma qui sta il problema: abbiamo un serbatoio sufficient­e? Malagò non cela i crucci («Avevamo calcolato da 25 a 30 medagliabi­li: quanti però sono quelli sicuri, ci siamo chiesti? Noi non abbiamo gli Hirscher o i Fourcade. Però è vero che si poteva fare di più») e fissa un passaggio cruciale: «Dobbiamo guardare alle nuove discipline amate dai giovani, incluse quelle che rientrano negli X Games e che sfuggono ai nostri radar».

Ma occorre anche stare attenti a non perdere quelle tradiziona­li: ci sono nubi nere sullo sci maschile e sul fondo, il bob è all’anno zero e lo stesso slittino, pur ripartito dai quarti posti di una squadra giovane, rischia perché abbiamo chiuso le piste. «Noi però non possiamo farci carico degli impianti. Ci si attrezzi con i business plan e con il credito sportivo». La carenza di strutture è un male dell’italia. Il rapporto tra scuola e sport segue a ruota: «Sono stati fatti passi in avanti, ma ora serve un’accelerazi­one mostruosa». In difetto, il Coni si candida a gestire al posto della scuola: «La nostra missione è organizzar­e e promuovere lo sport, forse è tempo di ricevere una delega precisa».

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(Ansa) Presidente Giovanni Malagò

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