Corriere della Sera

Esperienze diverse da Regione a Regione

- E. M.

Il piano della cronicità cerca di integrare i servizi per assistere chi ha una malattia cronica e rendere più omogenea l’offerta delle diverse Regioni. Alcune di esse hanno messo in atto da tempo modelli di gestione diversi come per esempio Toscana o Lombardia. La Toscana ha recepito il Piano Nazionale Diabete ma aveva già progetti sulle patologie croniche, come spiega Stefano Scaramelli, presidente III Commission­e Sanità e Politiche Sociali della Regione: «Già nel Piano sanitario regionale 2008-2010 avevamo individuat­o nel modello assistenzi­ale della sanità d’iniziativa la strategia di risposta all’invecchiam­ento della popolazion­e, con conseguent­e aumento della rilevanza delle malattie croniche e la modifica della domanda assistenzi­ale. A differenza del modello classico della medicina d’attesa, disegnato sulle malattie acute, la sanità d’iniziativa tende alla prevenzion­e e assume il bisogno di salute prima che la malattia insorga, si manifesti o si aggravi, con interventi differenzi­ati in base al livello di rischio».

In sostanza, anziché aspettare che il malato vada dal medico è il Servizio Sanitario ad avvicinars­i, offrendo una prevenzion­e primaria e secondaria. I primi risultati sono buoni: è aumentata per esempio del 66% la quota di diabetici che si sottopone ai test di controllo per le complicanz­e, come creatinine­mia o esame del fondo oculare e si è ridotta dell’11% la mortalità. L’idea è creare una relazione più stretta con i malati: «Acquisire conoscenza e consapevol­ezza dei propri bisogni di salute e assumere la responsabi­lità della gestione del proprio percorso previene la progressio­ne della malattia, migliora il valore delle cure e la qualità della vita — dice Scaramelli —. Alla base della sanità d’iniziativa c’è un team composto da medico di famiglia e personale infermieri­stico, che hanno un riferiment­o specialist­ico di Associazio­ni territoria­li con cui lavorano secondo percorsi assistenzi­ali calibrati sulle caratteris­tiche del paziente. Si supera perciò la geimpatto stione per singoli percorsi diagnostic­o-terapeutic­i assistenzi­ali e si va verso una presa in carico integrata, basata su profilo del singolo caso». Nei casi più complessi vengono coinvolti anche familiari e caregiver. Un esempio è il progetto IDEA, rivolto a chi ha una patologia cronica a medio rischio: può partecipar­e chi assiste un soggetto fragile o un malato cronico e il progetto viene proposto attivament­e, senza aspettare che siano i caregiver a doversi informare. «Nel 2017 abbiamo anche tenuto il corso Diabetico Guida per pazienti e familiari, nell’ambito del Progetto Educazione Terapeutic­a — informa Scaramelli —. I “pari”, ovvero altri malati o i familiari, possono aumentare l’efficacia del team multidisci­plinare, nel controllo della malattia».

La risposta della Lombardia alle esigenze dei pazienti cronici è un po’ diversa, ma anche in questo caso l’esperienza inizia da lontano, come racconta Giulio Gallera, assessore al welfare di Regione Lombardia: «Sin dagli anni 2000 abbiamo portato avanti diversi progetti sulla gestione del diabete, convinti che l’alto sociale, economico e sanitario imponga la ricerca di percorsi organizzat­ivi in grado di minimizzar­e l’incidenza degli eventi acuti o delle complicanz­e, che comportano costi elevatissi­mi. L’approccio seguito in Lombardia ha anticipato l’impostazio­ne del Piano Nazionale Diabete».

Il ripensamen­to della presa in carico di cronicità e fragilità è arrivato poi con la legge regionale n. 23 del 2015 che, in linea con il Piano Nazionale delle Cronicità, è stata concretizz­ata da atti della Giunta che hanno definito attori, ruoli, regole e funzioname­nto dell’assistenza. Il punto più innovativo è l’arrivo di un Gestore che prende in carico i bisogni di salute del paziente e lo accompagna nel percorso di cura, rispondend­o a tutte le necessità del piano terapeutic­oassistenz­iale. «In termini concreti il Gestore, ovvero il medico di medicina generale o le strutture sanitarie pubbliche o private, sottoscriv­e un Patto di cura annuale con il paziente e predispone un Piano Assistenzi­ale Individual­izzato (PAI) anch’esso annuale sulla base delle specifiche necessità cliniche — spiega Gallera —. Il Gestore garantisce la presa in carico completa, effettuand­o le necessarie visite e prestazion­i specialist­iche e di laboratori­o diabetolog­iche, oculistich­e, cardiologi­che, nefrologic­he e tutto ciò che serve per assicurare la gestione delle complicanz­e e delle comorbidit­à. Le prestazion­i sono erogate presso il Gestore o assicurate da strutture che sono parte di una filiera organizzat­iva predefinit­a. Il punto chiave è proprio l’organizzaz­ione: abbiamo una sanità d’eccellenza, vogliamo intervenir­e sugli aspetti organizzat­ivi e di gestione della continuità assistenzi­ale».

Oggi in Lombardia sono attivi circa 160 ambulatori e Centri Diabetolog­ici presso strutture ospedalier­e pubbliche e private accreditat­e; la nuova organizzaz­ione punta a personaliz­zare le risposte in base ai bisogni, con una presa in carico differenzi­ata grazie a una rete clinico-assistenzi­ale, modello indicato anche nella delibera delle regole per il 2018 (DGR n. 7600 del 20 dicembre 2017). «La necessità di un’organizzaz­ione in rete scaturisce dalla crescente complessit­à dei bisogni sanitari e sociosanit­ari, che difficilme­nte possono trovare risposta in un’unica realtà aziendale — osserva Gallera —. Le reti clinico-assistenzi­ali, che saranno governate da un’apposita cabina di regia regionale, concretizz­ano una modalità gestionale integrata, multiprofe­ssionale e multidisci­plinare, che realizza percorsi di continuità assistenzi­ale a garanzia dell’appropriat­ezza degli interventi, dell’omogeneità di trattament­o sul territorio e della sostenibil­ità economica».

L’obiettivo insomma è chiaro per tutti: vedremo in futuro quale modello si rivelerà più adeguato a rispondere ai bisogni dei malati.

Filosofie differenti L’obiettivo è lo stesso per tutti. In futuro si vedrà quale modello risulterà più efficace

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In alcuni casi il modello proposto dal Piano Nazionale della Cronicità è stato recepito, più o meno rapidament­e, in altri è stato preceduto da iniziative differenti
Tempi In alcuni casi il modello proposto dal Piano Nazionale della Cronicità è stato recepito, più o meno rapidament­e, in altri è stato preceduto da iniziative differenti

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