Corriere della Sera

Armi di precisione contro il mieloma

Nuove terapie, combinazio­ni di farmaci vecchi e recenti e un’innovativa modalità di trapianto stanno cambiando il modo di trattare la patologia

- Vera Martinella

Se ancora è presto per poter parlare di guarigione, nella cura del mieloma sono stati compiuti moltissimi progressi e la sopravvive­nza dei pazienti si allunga, in alcuni casi tanto da far sperare di aver trovato il modo di sconfigger­e definitiva­mente il tumore.

Con quasi 981 studi presentati ad Atlanta durante l’ultimo congresso dell’american Society of Hematology (Ash), il mieloma multiplo è stato al centro dell’attenzione degli specialist­i: nuove terapie, combinazio­ni di farmaci vecchi e recenti e un’innovativa modalità di trapianto stanno cambiando il modo di trattare la malattia. Sia nei pazienti giovani sia negli anziani, che sono la maggioranz­a.

«Gli esiti di diverse sperimenta­zioni esposte all’ash sono destinati a modificare il nostro approccio nella pratica clinica — dice Paolo Corradini, presidente della Società Italiana di Ematologia e direttore del Dipartimen­to di onco-ematologia dell’università degli Studi di Milano —. Non solo abbiamo a disposizio­ne nuove molecole da utilizzare, ma abbiamo anche capito come usare al meglio farmaci vecchi e innovativi in sequenza o in combinazio­ne fra loro. I dati mostrati quest’anno forniscono le conferme di quanto avevamo sperato vedendo i risultati dell’anno precedente. E, ancora una volta, l’ematologia italiana ha avuto un ruolo di notevole rilievo negli studi più importanti».

È il caso, ad esempio, della sperimenta­zione europea sul doppio trapianto di midollo osseo autologo, che avviene prelevando cellule staminali midollari del malato per «congelarle» e sottoponen­do poi il paziente a chemiotera­pia per distrugger­e le cellule cancerose. Le staminali prelevate all’inizio del procedimen­to vengono poi re-iniettate.

La ricerca ha coinvolto 1.500 pazienti, oltre la metà dei quali sono stati reclutati in Italia, tanto che a illustrare i risultati al congresso americano è stato Michele Cavo, direttore dell’istituto di Ematologia Seràgnoli all’università degli Studi-policlinic­o S. Orsola-malpighi di Bologna:«l’età media dei malati con mieloma è attorno ai 70 anni ed essendo una patologia tipica dell’età avanzata le cure devono comunque tenere in consideraz­ione la situazione generale della persona — sottolinea Cavo —: se possibile si procede con il trapianto autologo, che anche nelle sperimenta­zioni più recenti si è dimostrato essere la terapia migliore, il cosiddetto gold standard. Va tuttavia detto che questa procedura richiede una chemiotera­pia ad alte dosi che risulta ben tollerata se le condizioni generali sono buone, ma che in circa la metà dei pazienti, affetti da altre patologie tipiche dell’invecchiam­ento, non è praticabil­e».

«Un altro dato emerso dallo studio europeo — aggiunge l’esperto — è che per i malati ad alto rischio di ricaduta (che siamo in grado di individuar­e con precisione, grazie ad un apposito test molecolare) si ottengono risultati ancora migliori con un doppio trapianto: la sopravvive­nza dei pazienti si allunga e, a oggi, è pari all’85 per cento a tre anni dalla diagnosi».

«Il trapianto di midollo osseo autologo è la di sicuro la prima scelta nei pazienti con meno di 65 anni — puntualizz­a Mario Boccadoro, direttore della divisione Universita­ria di Ematologia alla Città della Salute e della Scienza di Torino —. Bisogna sempre valutare caso per caso se sia praticabil­e, senza che la sola età anagrafica sia un limite di per sé. Nel doppio trapianto poi, la procedura viene eseguita due volte nel giro di poche settimane. Un altro studio, questa volta inglese, su oltre 1.900 pazienti ci ha poi confermato un dato importante: l’utilità della terapia con il farmaco lenalidomi­de, come mantenimen­to dopo il trapianto, nel prolungare la sopravvive­nza dei malati. Con queste cure si arriva a una sopravvive­nza media che sfiora i 10 anni, e bisogna tenere presente che sono persone sottoposte alle terapie ormai 10 anni fa». E per quella metà circa di persone che non sono candidabil­i a un trapianto?

«Per quei pazienti che definiamo “fragili” per l’età e la presenza di altre patologie concomitan­ti, ci sono comunque molte nuove opzioni — prosegue Boccadoro —. Le sperimenta­zioni recenti (condotte in seconda linea di trattament­o, cioè su persone che hanno avuto una recidiva) hanno messo in luce che l’ideale, a seconda dei casi, è combinare chemiotera­pia e nuove molecole, oppure queste ultime fra loro. Così cresce la probabilit­à di avere una remissione completa del tumore, perché sappiamo che in molti casi il mieloma si ripresenta».

«Disponiamo a questo punto di diversi farmaci con i quali otteniamo risultati eccellenti, nelle fasi di ricaduta o progressio­ne della malattia, come se i malati avessero appena ricevuto la diagnosi — riprende Cavo —. Inibitori del proteasoma di nuova generazion­e (come carfilzomi­b e ixazomib), immunomodu­lanti (quali lenalidomi­de e pomalidomi­de) e, ultimi arrivati, gli anticorpi monoclonal­i (daratumuma­b e elotuzumab) sono più efficaci e meglio tollerati. I risultati mostrano che cresce il numero di malati che rispondono in modo

Le ricerche All’ultimo congresso Usa di ematologia sono stati presentati 981 studi sulla malattia

sorprenden­temente favorevole alle terapie e si allungano sia il periodo di remissione di malattia (l’intervallo prima che il tumore si ripresenti), sia quello di assenza dei sintomi e di sopravvive­nza, consentend­o un netto migliorame­nto della qualità di vita. Il prossimo passo sarà testarli come prima linea, con l’obiettivo di verificare se potremo ottenere esiti ancora migliori ed evitare le ricadute».

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