Corriere della Sera

Il problema dello sci non è tecnico ma di struttura

- Di Mario Cotelli

Che cosa sarebbe successo se Ester Ledecka, prima in superg, al posto di optare per lo snowboard, dove ha conquistat­o un altro oro, avesse corso e vinto la libera su quella pista a lei favorevole? Per l’italia un disastro, con rinuncia al parafulmin­e Goggia che con Brignone ha in parte salvato lo sci alpino, almeno quello in rosa. Il settore nel quale per noi è più semplice emergere, non per meriti federali, ma perché, unico caso al mondo, tutte le atlete dal 1990 sono arruolate e stipendiat­e dai corpi militari benefician­do inoltre di alti contributi pubblici . Quando le altre nazioni, senza questi benefit, investono soprattutt­o sui maschi. Dove la maggior concorrenz­a fa emergere le carenze del nostro sci : mancanza di una struttura managerial­e e di una pianificaz­ione a medio/lungo termine , più che di allenatori preparati . È necessaria una guida federale e managerial­e più efficace, in grado di aiutare, sorreggere anche gli altri dirigenti. Funzione che nello sci italiano è di pertinenza del presidente Roda, che da politico ha puntato sul consenso immediato piuttosto che sul futuro. Una gestione non profession­ale, settori a compartime­nti stagni, squadre giovanili staccate dalle nazionali, sistemi di preparazio­ne e metodiche tecniche non coordinati e lasciati all’arbitrio del singolo. Per questo non abbiamo rincalzi e alle Olimpiadi abbiamo portato 10 over 33 anni su 18 azzurri/e sci alpino. Eccezione Alex Vinatzer, 19 anni, per molti la grande speranza. Sinora ha vinto due prove in un parallelo senza curve, ma ha mancato tutte le qualificaz­ioni in Coppa. A quell’età Gustavo Thoeni, Piero Gros, Claudia Giordani, Nina Quario, Herbert Plank, Alberto Tomba, etc. avevano già vinto gare di Coppa del Mondo.

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(Ap) La bomba Alberto Tomba

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