Meloni a Budapest, asse con Orbán: no all’immigrazione e piani per la natalità
ROMA Se Silvio Berlusconi sembra ormai contare su Angela Merkel come principale, se non unico, faro dell’europa, Giorgia Meloni ha ben altri riferimenti continentali. «Battaglia comune contro l’immigrazione incontrollata, per la difesa dell’identità nazionale e delle radici cristiane dell’europa, per una Unione che non soffochi la sovranità dei singoli Stati, per politiche economiche e demografiche a favore della natalità: per questi e tanti altri motivi guardiamo con grande interesse al gruppo di Visegrad» dice la leader di Fratelli d’italia dopo essere stata ricevuta ieri mattina a Budapest dal premier ungherese Viktor Orbán, che del gruppo dei quattro Paesi dell’europa centrale (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) riuniti in un’alleanza per consultazioni e politiche comuni è anche presidente.
Membro del Ppe, da quasi vent’anni amico di Berlusconi che lo battezzò come tra i migliori premier del panorama europeo, Orbán guida uno dei governi più marcatamente di destra dell’intera Unione, e per dirla con Benedetto Della Vedova che contesta Meloni è un «fautore della “democrazia illiberale”, un leader etnonazionalista, che ha fatto della xenofobia e dell’anti-europeismo un programma di governo». Definizioni che non spaventano affatto la leader di FDI, che ha bruciato Salvini con la sua visita a Budapest — visto che anche l’alleato dice di sentirsi molto vicino ad Orbán — e che rivendica un altro modello di Europa come riferimento: «Questo gruppo di nazioni sta difendendo più di tutti in questo momento l’identità europea contro l’immigrazione incontrollata, battendosi contro il tentativo di ricollocare i clandestini che l’italia e altre nazioni stanno facendo entrare nel loro territorio nazionale. E hanno anche offerto al nostro Paese aiuto economico e di mezzi — senza nemmeno ricevere risposta — per fermare gli sbarchi sulle nostre coste».
Ma non solo. Il modello Ungheria piace per la battaglia «contro la deriva della speculazione finanziaria di personaggi alla Soros», per le sue politiche per la famiglia «alle quali destinano il 5% del loro Pil, detassandole per metà al secondo figlio e totalmente per il terzo, perché per combattere la denatalità non ci si affida agli immigrati». Parole d’ordine di una destra che non si nasconde insomma, ma che rivendica «la nostra battaglia patriottica, per la sovranità nazionale, per la difesa delle radici cristiane», e che si sceglie alleati («Ci vedremo e le nostre fondazioni lavoreranno insieme») scomodi per i moderati italiani ed europei. Ma la Meloni non se ne fa certo un problema: «Come si conciliano la mia posizione e quella di Berlusconi? Beh, mi pare che Berlusconi sia nel Ppe con Orbán... E la domanda da farsi piuttosto è come faccia lui ad andare così d’accordo con la Merkel, che ha favorito la sua destituzione nel 2011 e che fa gli interessi dei tedeschi, non certo degli italiani».
Come si conciliano la mia posizione e quella di Berlusconi? Beh, mi pare che in Europa lui sia nel Ppe proprio con Orbán...