Farmaceutica e agribusiness, Bayer attende l’ok per Monsanto
LEVERKUSEN Si allungano i tempi per l’acquisizione dell’americana Monsanto da parte di Bayer, che ora spera di concludere l’operazione «entro il secondo trimestre del 2018», sostiene il ceo del gruppo tedesco, Werner Baumann, 55 anni, in occasione della presentazione del bilancio di un anno definito «insoddisfacente», chiuso con 35 miliardi di ricavi, in aumento dell’1,5% (ma il settore dei farmaci da banco arranca, soprattutto per la forte concorrenza negli Stati Uniti, e l’agribusiness non cresce abbastanza); 9,3 miliardi di Ebitda (-0,3%) e 7,3 miliardi (+61,9%) di utile netto. Anche a causa dei cambi, che hanno avuto un impatto per 470 milioni sui conti. Ogni volta che l’euro si apprezza dell’1%, Bayer perde 70 milioni di Ebitda.
Il via libera condizionato dall’antitrust Ue dovrebbe arrivare entro il 5 aprile (secondo fonti europee anche prima). Mentre «in America siamo più indietro, ma le discussioni con il Dipartimento di Giustizia sono costruttive e ci aspettiamo progressi nelle prossime settimane», ha spiegato Baumann. Bayer si è già impegnata a vendere pesticidi e sementi per 5,9 miliardi alla connazionale Basf. Per venire incontro alle richieste dell’antitrust ieri il gruppo ha annunciato che cederà l’intera attività di semi vegetali, e si è detta disponibile a vendere o dare in licenza altri asset di Bayer e Monsanto.
La consolazione è che il ritardo nell’approvazione da parte dei regolatori riduce il prezzo dell’acquisizione a 62,5 miliardi di dollari, di cui 57 miliardi di valore azionario, dai 66 miliardi calcolati nell’estate 2016, quando fu annunciata l’operazione, perché «nel frattempo Monsanto ha ridotto l’indebitamento», pari allora a una decina di miliardi.
Il matrimonio, dopo le fusioni tra Dow e Dupont e Chemchina con Syngenta, farà di Bayer un player mondiale non solo nella farmaceutica (16,8 miliardi sui 35 miliardi di ricavi totali nel 2017), ma anche nell’agribusiness, con un quarto della produzione mondiale di semi e degli erbicidi. «I raccolti sono minacciati da condizioni metereologiche estreme e cambiamento climatico, mentre la quota di terreno pro capite si riduce. Allo stesso tempo la popolazione mondiale aumenta di 80 milioni ogni anno. In questo scenario non possiamo continuare come in passato, se vogliamo continuare a nutrire il pianeta. Ecco perché abbiamo bisogno di innovazione», afferma Baumann.
Certo, poi va valutato il costo in termini di reputazione, vista l’avversione europea agli Ogm, di cui Monsanto è leader mondiale. «Eliminare il nome e il marchio Usa una volta completato il deal? Per il momento continueremo a operare come due società separate. Sarebbe una mancanza di rispetto verso gli americani. Monsanto è un gruppo molto forte, anche se è vero che ha un nome pesante», ammette il top manager. E «Francia e Germania sono i Paesi dove c’è più resistenza».
E spiega Baumann: «Tutte le evidenze scientifiche dimostrano che gli Ogm sono scuri. Io sono stato esposto significativamente agli Ogm, non ho dubbi. Dobbiamo separare i fatti dalla fantascienza».
La previsione Speriamo di chiudere l’operazione entro il secondo trimestre del 2018