Voto, la sfida più incerta
Gli appelli dei leader alla vigilia delle Politiche. Di Maio: «Siamo a un passo dalla vittoria» Berlusconi: noi l’unica scelta utile, dureremo 5 anni. Renzi: mai con gli estremisti
Ieri sera si è chiusa la campagna elettorale. Oggi giornata di silenzio. E domani urne aperte dalle 7 alle 23 per eleggere il nuovo Parlamento. Gli appelli finali dei candidati. Berlusconi: «Ultima occasione per cambiare l’italia». Il leader del Pd, Matteo Renzi, ha garantito che non farà nessuna alleanza con gli estremisti. Il pentastellato Luigi Di Maio ha annunciato: «Siamo a un passo dalla vittoria». Domenica si vota anche in Lombardia e Lazio per eleggere i governatori.
«Ho cominciato a far politica sognando la democrazia americana...e mi ritrovo la Democrazia cristiana»: prima dell’ultimo sforzo elettorale Matteo Renzi recupera — seppure per po’ — il sorriso. Succede quando gli raccontano che molti dei professori-ministri del governo Di Maio lavorano all’università «E Campus», invenzione dell’ex maggiorente democristiano Vincenzo Scotti.
Il segretario del Partito democratico è immerso nella giornata finale della campagna elettorale. Con i sostenitori non si risparmia: «Qualsiasi sia il risultato elettorale, io resterò segretario fino al 2021, come hanno deciso le primarie».
Con gli amici commenta l’ultima indiscrezione: il governo Pd, Leu e Cinque Stelle. È un’ipotesi che Romano Prodi ha illustrato a qualche amico. «D’altra parte — sottolinea un renziano di rango — già nel 2013 Prodi pensava di potersi far eleggere al Quirinale con i voti di Grillo, è possibile che stia preparando il terreno per il 2022, quando scadrà Mattarella». Quella di un governo D’alema-di Maiopd è un’ipotesi che vede contrario il segretario del Partito democratico: «Una cavolata, i numeri in Parlamento li ho io, quindi non si faranno giochetti a prescindere da me». E per chiarire bene come la pensa anche ai vari «padri nobili» del Pd che sperano in una riunificazione della sinistra, Renzi spiega: «Grillo ci fa schifo. E Di Maio dopo averci insultato per anni con quale faccia ci chiede ora i voti per il suo governo? Prima di votare il principe degli impresentabili noi andiamo all’opposizione.non governeremo mai con gli estremisti».
Renzi alla vigilia del voto appare realista se non pessimista: «Il Pd non farà un grande risultato», dice il segretario agli amici. Ma poi aggiunge, con un sorriso: «Comunque vada dovranno passare per il Pd. Per fare qualsiasi governo, per fare qualsiasi cosa dovranno rivolgersi a noi. Sia Di Maio che Berlusconi». A meno che...». A meno che «non facciano un governo grillini-lega. In questo caso l’italia sarà affidata agli apprendisti stregoni dei 5 Stelle e del Carroccio». È una prospettiva, questa, che preoccupa Renzi: «Il sorpasso della Lega su Forza Italia è possibile», ammette il segretario del Partito democratico.
Renzi punta ancora a fare del Pd il primo partito al Senato, mentre sembra dare per scontato che il Movimento 5 Stelle sarà il primo alla Camera: «Se fosse così non sarebbe male — confida ai collaboratori — perché dovrebbero venire comunque a cercarmi, e alla fine, inevitabilmente, il Partito democratico sarebbe il baricentro di qualsiasi equilibrio politico».
Ovviamente, sempre che i grillini non ottengano un sucessone e non aspirino a fare un governo con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. «Sarebbe un danno per l’italia, ma è sempre un’eventualità che anche Berlusconi teme», confessa un esponente del governo Gentiloni. «Ma forse — ironizza
I paletti Votare il principe degli impresentabili? Meglio andare all’opposizione Ma chiunque dovrà passare da noi
Renzi con i fedelissimi — Gigino si accontenterebbe di fare il presidente della Camera». Quindi il segretario del Pd aggiunge, sempre rivolto ai suoi in questo venerdì di passione e di attesa: «E su questo potrebbe trovare anche delle sponde dal Quirinale. Del resto in questa vicenda del suo ridicolo governo le ha già avute in qualche modo».
Dunque Renzi sta già preparando le possibili contromosse rispetto a una eventuale vittoria grillina alle elezioni di domani. Eppure il clima dentro il Partito democratico non sembra dei migliori. Ieri non c’è stata nessuna manifestazione di chiusura unitaria. Niente palco per la squadra del Pd e men che meno per i leader della coalizione di centrosinistra. Ognuno ha chiuso la campagna elettorale per conto suo. Renzi nella sua Firenze. Gli altri nei loro collegi.
E a Roma non c’è stato nessun evento conclusivo, nessun finale con i fuochi d’artificio, come si usa in questi casi, sebbene i Cinque Stelle abbiano chiuso nella Capitale la loro campagna elettorale.
Eppure a Roma, nel collegio Roma uno, si presenta il presidente del Consiglio. Ma il Pd capitolino, che pure aveva prenotato una piazza a Trastevere, ha preferito cambiare rotta e organizzare una mobilitazione con gazebo e circoli aperti nella speranza di sollecitare gli indecisi. Gentiloni ha perciò preferito chiudere la sua campagna in un centro anziani all’esquilino: «Speriamo di avere l’occasione, per me e per il Pd, di andare avanti», ha detto il presidente del Consiglio, che è ancora in testa a tutti i sondaggi di popolarità e he ha appena ricevuto la «benedizione» de The Economist, che lo ha definito il miglior premier possibile per l’italia.