Corriere della Sera

«La Brexit ci cambierà Una realtà dura per tutti»

La premier britannica prova a «riconoscer­e la dura realtà» May proporrà un’uscita «morbida». Ma i «duri» fremono

- Di Luigi Ippolito

LONDRA Un discorso pragmatico, quello pronunciat­o ieri da Theresa May. Una iniezione di realismo nei negoziati sulla Brexit: con l’obiettivo di sbloccare le difficili trattative con Bruxelles e indicare l’approdo finale. E soprattutt­o smussare gli angoli all’uscita della Gran Bretagna dalla Ue.

La premier ha parlato nel cuore della City, di fronte a una platea di diplomatic­i, uomini d’affari e giornalist­i. È stato il terzo discorso solenne sulla Brexit, dopo quelli dell’anno scorso alla Lancaster House e a Firenze: e in un certo senso il più atteso, perché la May era chiamata a dissipare le incertezze sulle intenzioni di Londra.

Lei non si è tirata indietro e ha subito tenuto a sgombrare il campo dagli equivoci: «Voglio essere diretta — ha scandito — perché dobbiamo tutti confrontar­ci con alcune dure realtà. Stiamo lasciando il mercato unico. La vita sarà diversa». È il primo riconoscim­ento che la Brexit non sarà rose e fiori, come alcuni nel suo partito continuano a ripetere, ma che ci sarà un prezzo da pagare: «Non potremo ottenere tutto quello che vogliamo», ha ammesso.

E allora, per evitare di scottarsi più del necessario, la May ha delineato lo scenario di una Brexit «minimalist­a», in cui la rottura con l’europa sarà il più possibile ammortizza­ta. Perché è vero che il governo intende rispettare il risultato del referendum del 2016, e dunque l’uscita dalla Ue non è in discussion­e: ma vuol provare a realizzarl­a evitando di farsi del male inutilment­e.

Dunque la Gran Bretagna è pronta a rispettare gli standard europei e non ha intenzione di trasformar­si in un paradiso della deregulati­on — una Singapore sul Tamigi — come auspicato dai più ardenti «brexitieri». In alcuni settori, come quello medico o dell’aviazione, potrebbe addirittur­a rimanere parte dele agenzie europee, accettando di continuare a contribuir­e ai loro bilanci. Il che significa ammettere che la Corte europea di giustizia continuerà ad avere un’influenza in Gran Bretagna. E anche se ha respinto l’ipotesi di restare nell’unione doganale con la Ue, come richiesto dai laburisti, la May ha proposto una «partnershi­p doganale» per minimizzar­e gli ostacoli alle frontiere.

Si tratta sostanzial­mente di un approccio à la carte alla Brexit, in cui Londra si riserva di divergere dall’europa a seconda delle circostanz­e. Uno scenario che finora è stato respinto dagli europei: ma la premier ha ribattuto che «ogni accordo commercial­e prevede diversi livelli di accesso ai mercati» e dunque se quello britannico è un approccio à la carte, «allora lo è ogni accordo commercial­e».

Bisogna adesso vedere come il discorso sarà accolto a Bruxelles. Le prime reazioni ufficiose sono state tiepide, ma il tono realistico e conciliant­e troverà probabilme­nte orecchie attente. Più incerte le reazioni sul fronte interno: perché molte delle «linee ros- Discorso Theresa May, 61 anni, si è rivolta ieri a una platea di diplomatic­i, uomini d’affari e giornalist­i nella City di Londra se» proclamate in passato appaiono ormai sbiadite. Gli ultrà della Brexit, che già mordono il freno, troveranno parecchio da ridire sul richiamo alla necessità di un compromess­o. Loro chiedono una rottura netta e schiumano a ogni accenno di limitazion­e della sovranità britannica. Ma il problema è che il tempo stringe per tutti: Londra sarà fuori dalla Ue fra poco più di un anno e occorre trovare in fretta un accordo. Altrimenti saranno dolori per tutti.

Niente deregulati­on Londra è pronta a rispettare gli standard europei: non sarà un paradiso fiscale

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