Di Maio: a un passo dalla vittoria L’era dell’opposizione è finita
Grillo sul palco: resta solo un «vaffino». E il leader sceglie Elisabetta Trenta come vice nel suo governo
ROMA Sale sul palco di piazza del Popolo, chiusura della campagna per i 5 Stelle, un Davide Casaleggio ispirato come non mai, che saluta con un volo di palloncini rossi la memoria del padre Gianroberto e lo evoca anche nel linguaggio, che oscilla tra la tecnocrazia nerd («implementeremo») e l’immaginifico: «Possiamo scegliere tra la nebbia dei pensieri corti e il sole degli orizzonti aperti. Ma sempre controvento». È «un nuovo umanesimo», annuncia Roberto Fico. «Siamo a un passo dalla maggioranza assoluta», incalza Luigi Di Maio, che confida di «vincere in tutti i collegi uninominali del Sud e in molti del Nord». È il nuovo Movimento 5 Stelle, che decreta «la fine dell’opposizione» e del movimentismo di Beppe Grillo («forse le piazze sono passate di moda») e indossa la marsina ministeriale di Di Maio per entrare in una nuova era: «quella
del governo». Grillo non nasconde il rimpianto per l’eroismo del vaffa («ora al limite è un vaffino») e qualche timore: «Anche se andremo al governo, deve rimanere il cuore. E non ci scordiamo le parole guerriere».
Sarà difficile anche perché il Movimento ha già cambiato pelle, con le istanze più estreme già abbandonate (abolizione della Nato, uscita dall’euro). Ma questo è il momento di dare il massimo e il momento dell’orgoglio per la tanta strada fatta in poco tempo, un sogno un po’ folle diventato una realtà tangibile, che compete per diventare maggioranza e governo. «Siamo la generazione del “nonostante tutto” — dice Di Maio, in una «lettera ai giovani» — perché nonostante tutto ce la stiamo facendo».
E allora bisogna prepararsi, in questa liturgia della «squadra di governo» che è un po’ rito scaramantico e un po’ wishful thinking, profezia che si spera si autoavveri. Di Maio ci crede e ha già nominato un vicepremier (potenziale, siamo ancora nel campo della fantapolitica): è Elisabetta Trenta, «ministro» della Difesa, consigliere del ministero nella missione Unifil in Libano, nata a Velletri, dove ha frequentato soprattutto ambienti politici centristi, prima della folgorazione con i 5 Stelle. Di Maio, nel frattempo, comincia a dare qualche segnale di politica internazionale: «La nostra presenza in Afghanistan è durata troppo, dobbiamo ritirarci», annuncia a Bruno Vespa, a «Porta a porta». Poi spiega che il primo decreto legge del primo Consiglio dei ministri M5S (siamo sempre nel gioco delle proiezioni) sarà il dimezzamento degli stipendi ai parlamentari, il taglio dei vitalizi ai politici e di «30 miliardi di sprechi e privilegi». E pazienza se difficilmente si potrà intervenire per decreto su temi sui quali c’è l’autodichia del Parlamento. Quel che conta è dare per scontata l’ascesa a Palazzo Chigi.
E a proposito di ascesa, Grillo si presenta con un cartello che lo definisce «L’elevato» e scherza: «Non vorrei creare qualche sofferenza qui: c’è o non c’è? Ha fatto un passo indietro o di lato? Non potevo non esserci. Zitti, sono l’elevato. Noi siamo nati da un incontro tra uno che pensa e ragiona, Gianroberto, e un buffone». E ancora: «Diamo l’ultima spallata al pubblicitario da Cassazione». Parla di Silvio Berlusconi, che un ispiratissimo Vittorio Di Battista, padre di Alessandro, rievoca sulla piazza con un cartello riesumato dai tempi del Popolo viola: «No Tinto Bass». Dibba padre, che si definisce «un vecchio fascista tanassiano», è sicuro: «Non ci sarà mai l’alleanza con la sinistra». E poi: «Io sto ancora con il vaffa. Forse sono l’ultimo».
La scommessa Vinceremo in tutti i collegi uninominali del Sud e in molti al Nord Taglieremo 30 miliardi di sprechi e privilegi