Gori «orfano» di Leu tenta la rincorsa nel fortino di Fontana
In Lombardia Lega e FI spingono l’erede di Maroni
MILANO Depotenziata dall’election day, che l’ha orientata più sugli schieramenti che sulle persone, la campagna elettorale per la presidenza della Lombardia si è chiusa senza sovracuti. Con sette candidati governatore (sostenuti da 19 liste) ma pochissimi momenti di confronto acceso.
La Lombardia, circa 7,8 milioni di elettori, eleggerà 78 consiglieri, a cui si aggiungeranno il presidente eletto e il secondo arrivato. Da una parte, il centrodestra che con il leghista Attilio Fontana intende proseguire la lunghissima stagione di governo: 23 anni in due governatori, Roberto Formigoni e Roberto Maroni. Dall’altra, il centrosinistra che mira alla riscossa con il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Che tuttavia, diversamente da quanto è accaduto in Lazio, non è riuscito a convincere Liberi e uguali a sostenerlo: gli uomini di Pietro Grasso hanno candidato l’ex segretario della Cgil milanese, Onorio Rosati, che ieri ha chiuso la campagna con Laura Boldrini. Di qui, gli appelli di Gori al voto utile o anche a quello disgiunto. Solco anche con Sinistra per la Lombardia, declinazione lombarda di Potere al popolo.
I 5 stelle con il 32 enne Dario Violi sono convinti di poter superare il vecchio maleficio, in Lombardia da sempre hanno fatto assai più fatica che nel resto d’italia: «Ma siamo gli unici credibili» dice il candidato. Che ha chiuso la campagna collegandosi con la manifestazione del Movimento in piazza del Popolo a Roma. E poi ci sono gli indipendentisti ex Lega di «Grande Nord» che corrono con Giulio Arrighini, e Casapound con Angela De Rosa.
Fontana è stato il candidato a sorpresa della competizione: Matteo Salvini lo ha ri- chiamato al servizio attivo dopo che Roberto Maroni ha annunciato — l’8 gennaio — la sua intenzione di non ricandidarsi a presidente. E ieri ha chiuso la campagna elettorale a Milano con lo stesso Salvini: «Da lunedì sarai al lavoro» ha pronosticato il leader leghista. Mentre Gori ha chiuso al teatro Franco Parenti con gli due ultimi sindaci di Milano: quello in carica Giuseppe Sala e Giuliano Pisapia.