Corriere della Sera

Uccise la moglie malata di Alzheimer A Gastone la grazia da Mattarella

Firenze, l’uomo ha 87 anni: «Ringrazio il presidente, mi ha regalato un pizzico di vita»

- Di Marco Gasperetti mgasperett­i@corriere.it

FIRENZE «Sto bene, adesso. Ringrazio il presidente Sergio Mattarella. Mi ha concesso la grazia e mi ha regalato un pizzico di vita in più, anche se son vecchio», dice Gastone. Poi lancia lo sguardo al di là delle finestre e sul suo volto appare uno strano sorriso. «Sono libero — continua —, posso uscire e camminare, respirare tra gli alberi, guardare il cielo, vivere il presente».

Già, il presente. Che per Gastone Ovi, fiorentino del quartiere di Coverciano, è l’unica strada da percorrere. Perché a 87 anni il futuro non si distingue dal contingent­e e il passato è stato cancellato. «Non chiedetegl­i niente di che cosa è accaduto, ha rimosso completame­nte quel ricordo terribile. Non ne ha mai voluto parlare, neppure con me», dice Luca Conti, il nipote.

Nel febbraio del 2012 Gastone, uomo mite, volontario nelle ambulanze, soffocò con un cuscino la moglie Ester, la parrucchie­ra più famosa del quartiere, divorata dall’alzheimer, dopo un matrimonio durato più di 50 anni e un lavoro comune nel negozio della donna. Non confessò subito quel delitto. Poi crollò. Al pm raccontò gli ultimi anni accanto «all’amore della sua vita».

Disse che non usciva di casa per cercare di far mangiare Ester, riuscendo appena a farle bere un po’ di latte. Raccontò che l’ultimo giorno aveva tentato di calmarla durante le continue crisi, che l’aveva soccorsa faticosame­nte dopo due cadute dal letto. E che, disperato, aveva telefonato al medico di famiglia. «Chiama l’ambulanza» gli aveva risposto il dottore. Infine aveva «iniziato piano piano a perdere la testa perché così non era più una vita, né per lui né per la moglie». E non si poteva continuare più a sopravvive­re in quell’inferno.

«La moglie non era più in grado di ragionare, di mangiare da sola, rifiutava di farsi toccare e lavare — scrissero i magistrati —, con le conseguenz­e immaginabi­li sul piano dell’igiene e della cura di sé». Per quel delitto Gastone è stato condannato a 14 anni di carcere. È entrato a Solliccian­o nel novembre del 2016, quando la sentenza è diventata esecutiva, e due anni e quattro mesi dopo ha ottenuto la grazia dal presidente Mattarella.

«Credo che sia il giusto epilogo di una tragedia umana — spiega l’avvocato Federico Bagattini che quella domanda di grazia ha preparato —. Ma anche una vicenda che deve far riflettere. Era una coppia di anziani lasciata al suo destino. Quella del signor Ovi non è stata una storia di femminicid­io, ma una tragedia della solitudine e della disperazio­ne». Gastone non ha voluto più parlare del delitto. «L’ultima volta che lo ha fatto è stato ai funerali della moglie Ester — ricorda il nipote —. Si sono voluti bene, avevano lavorato insieme, lui era attaccatis­simo a quella donna. E ancora oggi, quando lo vado a trovare, non è possibile neppure sfiorare quell’argomento. Lui vuole parlare solo delle

La pena di 14 anni Non lo riconoscev­a più e aveva smesso di mangiare. «Lei era il mio grande amore»

sue passeggiat­e. A Solliccian­o l’ora d’aria era tutta la sua vita».

Francesco Vedele, il responsabi­le del centro Samaritano della Caritas, la casa famiglia alla periferia Nord di Firenze dove Gastone è stato accolto, ha conosciuto Ovi in carcere. «Mi colpì la sua narrazione. Il carcere non gli pesava — racconta —, ma la sua salute era incompatib­ile con la reclusione. Gli dissi che forse avrebbe potuto ottenere la grazia. Sorrise, ma mi disse che a casa non sarebbe mai più tornato».

Francesco dice di averlo visto più sereno negli ultimi giorni, quel vecchio solitario. «Ma dentro si vede che ha un peso terribile che neppure la grazia è riuscita ad alleggerir­e. Ma questa è un’altra storia».

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