Corriere della Sera

«Papà professore ci aiutava in edicola»

- Silvia T.

Non è facile accettare la morte di qualcuno che ami e che ti ha amata incondizio­natamente da quando sei nata. Il mio babbo Aldo è morto l’11 gennaio di quest’anno e ancora faccio fatica a crederci. Lui, prima di andare in pensione, era stato professore di disegno e storia dell’arte al liceo scientific­o di Empoli e aveva insegnato a numerose generazion­i di ragazzi mettendo nel suo lavoro tutta la passione che aveva per quello che faceva. E questo i suoi «ragazzi» lo avevano sentito e gli hanno dimostrato il loro affetto anche quando non erano più seduti sui banchi di scuola e persino nel giorno del suo funerale. Da quando era a riposo poi aiutava me e mia sorella con la nostra attività e anche il «lavoro» di giornalaio lo ha sempre svolto con grande passione, cordialità e simpatia. La mancanza che io sento, però, è soprattutt­o nelle piccole cose; un messaggio sul cellulare per augurarmi il buongiorno o una chiamata per sapere se ero rientrata a casa senza problemi.

Mi sento mancare il fiato se penso che non potrò più vederlo, non potrò più parlare con lui. Sicurament­e, col passare del tempo, il dolore che provo si attenuerà , ma sentirò sempre la sua mancanza anche se lo terrò sempre con me in quell’angolino del cuore dove si custodisco­no le cose più belle.

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