Il cronografo nella «zona del buonsenso»
sognano di diventare artisti, musicisti, stilisti! Ci sono più opzioni. Io sono cresciuto in una famiglia molto conservatrice. Volevo essere un ginecologo, il che è interessante perché c’era già la connessione con le donne, poi volevo diventare chirurgo plastico e poi stilista di moda. L’estetica della bellezza sempre al centro. Sembro un pazzo, ma ha senso!»
Lazaro: «Mi piaceva soffiare il vetro e creare. Mi sentivo un artista. Ho scoperto la moda a New York, sino ad allora lo vedevo come un mondo superficiale. Poi ho incontrato l’arte di un Alexander Mcqueen e ho capito la connessione».
Dare tempo alle cose che meritano è il vostro mantra. Per questo avete deciso di togliervi dai calendari frenetici e sfilare fuori, a Parigi?
«A New York ci eravamo scoraggiati, un calendario troppo lungo e stupido. Ci siamo detti: perché dobbiamo subire, abbiamo il nostro brand, possiamo fare quello che vogliamo, cambiamo. Sfiliamo a giugno e a dicembre. O a gennaio. L’abbiamo fatto e altri ci hanno seguito. Creatività, produzione e distribuzione ci hanno guadagnato».
La moda di New York vista da due americani a Parigi?
Jack: «Prima c’era differenza. Ora è un confine sottile. Resta che qui in America c’è meno attenzione alla creatività, perché è un Paese più giovane fondato su una società capitalista che ha il cuore nel business. Abbiamo cercato di allontanarci da questo. Ma non siamo neppure stilisti europei: una via di mezzo».
Lazaro: «Il nostro cuore è molto più europeo. In America la moda è nata durante la guerra con uno scopo funzionale. In Europa è sempre stato sogno, misticismo».
Marilyn raccontava di andare a letto con due gocce di Chanel N5, chi andrà a dormire con Arizona?
«Georgia O keeffe». Ah, però.
vero, mescolando le sneaker del successo (quelle con l’etichetta che spunta) a stivali di coccodrillo perfetti, gli zaini a borsette precise, i jeans a giacchette-body sofisticate, parka tecnici a bustier couture in tessuto tappezzeria, felpe ad abiti di cristalli. Tema (forte) equestre per la nuova passione dello stilista per i cavalli. E se il tentativo di Abloh era di ammiccare a un pubblico più sofisticando ma non tradendo il proprio, c’è riuscito. La ressa fuori? Fa parte dell’inclusione delle tribù chiamate a raccolta dal profilo Instagram (2,9 milioni di follower) di «Virgil» che ha postato l’indirizzo dello show che doveva restare segreto. Ma ai «fratelli» si dice tutto.
Donne da club e donne da letteratura. Da Loewe ci sono copie dei classici (Don Chisciotte, Madame Bovary, Dracula, Cuore di Tenebra, Cime Tempestose) su ogni posto a sedere per un’iniziativa culturale dell’omonima fondazione, ma il messaggio è chiaro. E se non lo fosse ancora in sala ci sono le opere dadaiste del giapponese Tetsumi Kudo e i camini disegnati da E. W.