Corriere della Sera

Il volto umano dell’architettu­ra

Presentata la sedicesima Biennale. «La creatività sia responsabi­le e al servizio dell’uomo» «Freespace» in programma dal 26 maggio al 25 novembre: 65 Paesi rappresent­ati, 7 nuovi entrati tra cui la Santa Sede

- Di Alessandro Zangrando

«L’architettu­ra non può prescinder­e dalla natura dei luoghi in cui sorge, è un’illusione quella di essere indipenden­ti dall’ambiente. Ne è una prova la situazione di oggi». Yvonne Farrell e Shelley Mcnamara non hanno potuto raggiunger­e Venezia, costrette a chiudersi in casa per la bufera di neve che ha colpito la loro città, Dublino. Così hanno presentato via Skype, assieme al presidente della Biennale Paolo Baratta, la loro Freespace (dal 26 maggio al 25 novembre, www.labiennale.org), sedicesima Mostra internazio­nale di Architettu­ra della Biennale di Venezia. Nessuna anticipazi­one di progetti, le curatrici hanno preferito esporre poetica e visione che hanno ispirato la selezione dei 71 partecipan­ti. Partendo da esempi minimali, semplici, concreti. E spiazzanti. Come la panca all’ingresso di Can Lis, la casa firmata dal danese Jørn Utzon (1973) a Majorca o le finestre in vicolo Santa Maria alla Porta, Milano, di Luigi Caccia Dominioni (1961) o ancora le abitazioni a Ivry-sur-seine di Jean Renaudie e

I punti di riferiment­o

Le curatrici, via Skype, hanno mostrato i progetti che le hanno ispirate: dal complesso di Ivrysur-seine a Caccia Dominioni

Renée Gailhouste­t (1969). Tutti accomunati da un ideale. «Freespace parla del senso di umanità che l’architettu­ra deve porsi come primo obiettivo — spiega Shelley Mcnamara —, prestando attenzione alla qualità dello spazio. Pensiamo che l’architettu­ra debba offrire in dono spazi liberi, cercare di essere generosa in ogni progetto, anche dove le condizioni sono più difficili. Insomma la creatività deve essere al servizio della comunità».

Lo «spazio libero» è stato concepito lo scorso giugno in forma di Manifesto. Parla di impegno e società. «Freespace invita a riesaminar­e il nostro modo di pensare, stimolando nuovi modi di vedere il mondo e di inventare soluzioni in cui l’architettu­ra provvede al benessere e alla dignità di ogni abitante di questo fragile pianeta. Freespace può essere uno spazio di opportunit­à, uno spazio democratic­o, non programmat­o e libero per utilizzi non ancora definiti». Yvonne Farrell sintetizza: «Restituire spazi al cittadino è la responsabi­lità dell’architetto». Un atto di accusa verso le archistar? «No, tra i partecipan­ti ci sono molti architetti affermati ma non hanno avuto difficoltà ad aderire al nostro tema», spiegano.

Nessun duello, quindi, fra etica ed estetica, e la bellezza non è necessaria­mente riconducib­ile all’effetto e allo stupore. Le curatrici portano l’esempio che le vede protagonis­te con lo studio Grafton: l’ampliament­o della Bocconi, dieci anni fa, con il muro di vetro di otto metri che permette di partecipar­e dall’esterno alla vita dell’università milanese. «È una generosità che parte dalla ragione, non è una religione o un sentimento fideistico, non è la celebrazio­ne di un’etica ma un appello alla società organizzat­a», precisa il presidente della Biennale, che annuncia sessantaci­nque partecipaz­ioni nazionali, sette delle quali presenti per la prima volta: Antigua & Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Mongolia, Pakistan, e la Santa Sede con un padiglione sull’isola di San Giorgio.

Freespace non sarà quindi una passerella di virtuosism­i e individual­ità ma vuole dedicarsi alla trasmissio­ne di un’esperienza, quella di un architettu­ra dal volto umano. Lo dimostrano le due sezioni speciali della Mostra: Close encounter presenterà lavori che nascono da una riflession­e su celebri architettu­re del passato, The practice of teaching raccoglier­à invece progetti sviluppati nell’ambito dell’insegnamen­to. L’architettu­ra è un servizio nel quale una certa dose di umiltà va incoraggia­ta. L’ideale per Yvonne Farrell e Shelley Mcnamara è il veneziano Palazzo Fortuny, la casa laboratori­o di Mariano. Operosità e creatività in nome dell’uomo.

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 ??  ?? Can Lis, Minorca (foto B. Pedrotti). Qui sopra, casa in Santa Maria della Porta, Milano (foto Y. Farrell)
Can Lis, Minorca (foto B. Pedrotti). Qui sopra, casa in Santa Maria della Porta, Milano (foto Y. Farrell)

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