Dipingere la vita con la luce Fotografia, il mondo diventa nostro
Nell’epoca degli smartphone onnipresenti e tecnicamente infallibili l’invito di Oliviero Toscani: «È ora di imparare a scattare»
In fondo è proprio quello che sostiene, ormai da tempo, anche un grande maestro dell’«arte tradizionale» come David Hockney che, alla soglia dei suoi primi ottant’anni, ha deciso di re-imparare a dipingere, trasformando le app in tavolozze piene di colori e gli schermi di ipad e telefoni cellulari in tele da riempire con nature morte, scorci di paesaggi inglesi, interni domestici («disegno fiori tutti i giorni e li mando ai miei amici, che così hanno fiori freschi ogni mattina» è la spiegazione della sua scelta).
Oliviero Toscani, fotografo fortunatamente non obiettivo (come recita il titolo di un suo fortunato programma in onda ogni venerdì su Radio Uno e di una raccolta di interviste pubblicata da Feltrinelli nel 2001), ha scelto dunque di seguire la via tracciata da Hockney: «Paradossalmente, proprio ora che i telefonini permettono a chiunque di eseguire fotografie tecnicamente sempre accettabili, è il momento giusto per imparare a fotografare». Lezioni di fotografia, la nuova collana firmata da Toscani per il «Corriere della Sera» e la «Gazzetta dello Sport», non vuole però assolutamente essere soltanto una guida alla tecnica fotografica (del genere L’occhio del fotografo di Michael Freeman uscito in Italia da Logos nel 2007) ma piuttosto uno strumento «per sviluppare la capacità di osservazione del mondo, al fine di trasformarla in una visione personale». Perché, sono ancora parole di Toscani, «fotografo sarà solamente colui che saprà raccontare attraverso l’immagine la propria contemporaneità».
La filosofia di Oliviero Toscani, come dimostra bene la mostra a lui dedicata fino al 31 marzo al Castello di Otranto (Lecce), è quella certo della bella fotografia, ma anche quella della fotografia che fa pensare, riflettere e qualche volta persino litigare: proprio come è regolarmente accaduto nei cinquant’anni e più di carriera di Toscani. Con le sue immagini ha fatto discutere il mondo su temi come il razzismo, la pena di morte, l’aids, la guerra e su molto altro: il bacio tra prete e suora del 1991, i Tre cuori white/black/ yellow del 1996, No-anorexia del 2007. Una filosofia lontanissima da quella del narratore del romanzo Addio a Berlino (1990) di Christopher Isherwood che assicurava: «Io sono una macchina fotografica con l’obiettivo aperto, completamente passiva, che registra e non pensa. Un giorno tutto questo andrà sviluppato, stampato con cura, fissato».
Elliott Erwitt, Franco Fontana, Steve Mccurry, William Klein, Sebastião Salgado: per ognuna delle sue nuove Lezioni Oliviero Toscani (1942) ha scelto un interlocutore eccellente, capace in qualche modo di confermare la validità della sua teoria per cui «l’immaginazione è un atto di scelta consapevole del fotografo, un atto che fa della diversità un valore contro l’omologazione». Si comincia, dunque, con l’intervista a Erwitt (Parigi, 1928), il «fotografo della commedia umana», membro dal 1953 della storica Magnum (l’agenzia-cooperativa fondata nel 1947 da Robert Capa, Henri Cartier-bresson, David Seymour, George Rodger, William Vandivert).
Quell’erwitt che ha raccontato con piglio giornalistico gli ultimi sessant’anni di storia e di civiltà contemporanea, cogliendo gli aspetti più drammatici ma anche quelli più divertenti della vita che è passata di fronte al suo obiettivo. «Nei momenti più tristi e invernali della vita — ama dire Erwitt — quando una nube ti avvolge da settimane, improvvisamente la visione di qualcosa di meraviglioso può cambiare l’aspetto delle cose, il tuo stato d’animo. Il tipo di fotografia che piace a me, quella in cui viene colto l’istante, è molto simile a questo squarcio nelle nuvole. In un lampo, una foto meravigliosa sembra uscire fuori dal nulla».
L’ironia di Erwitt scaturisce dalla sua capacità di cogliere nella quotidianità accostadel menti paradossali che allo stesso tempo mettono in mostra e smitizzano le borie e le ansie della società contemporanea. Ma sempre bonariamente e con una certa dose di accondiscendenza. I cani sono uno dei suoi soggetti preferiti (tra le celebrity Jaqueline Kennedy durante il funerale marito, Nixon che punta il dito sul petto di Nikita Kruscev, Che Guevara e Marylin Monroe), ma non perché ne sia particolarmente affascinato, ma perché con i loro atteggiamenti naturali e irriverenti, fungono da perfetto contraltare alla pomposità ed alla ricercata compostezza dei loro padroni.
«Ogni lezione — spiega Toscani, che ha definito la sua carriera “più di 50 anni di magnifici fallimenti” — sarà semplicemente la proposta di un tema del nostro tempo, della società globale». Un argomento da osservare, su cui riflettere e da rielaborare (si parte con il tempo per arrivare alla libertà). Per imparare «a sentire le immagini, perché tutti vedono ciò che sembra, ma pochi sentono ciò che è». I maestri? «Saranno le immagini stesse».
L’approccio «Propongo i temi del nostro tempo: perché tutti vedono ma pochi sentono»