Corriere della Sera

L’estrema destra tra sedi sbarrate e comunicati «Non c’entriamo»

Negli ultimi anni vari episodi di tensione

- di Gianpiero Rossi DAL NOSTRO INVIATO

«Non siamo stati noi». Nessuna rivendicaz­ione, nessun fiancheggi­amento, anzi una velocissim­a presa di distanza. Nell’imminenza di elezioni in cui sono presenti, quando ancora il tam tam dei social network sta aggiornand­o il conteggio delle case «marchiate» come antifascis­te, Casapound e Forza nuova, le due formazioni di estrema destra verso cui convergono i sospetti di mezza Pavia, escono allo scoperto per chiamarsi fuori.

«Diffidiamo chiunque dall’utilizzare il nostro nome per quanto riguarda la vicenda adesivi. Non è nostra consuetudi­ne gettare benzina sul fuoco e marchiare i nostri avversari politici — si legge nel comunicato diffuso via Facebook da Casapound pavese —. L’operato che svolgiamo è realizzato alla luce del sole a differenza degli antifascis­ti». Un’allusione al «solito tempismo esattament­e ad un giorno dalle elezioni» e la chiosa: «Sono quelli che giornalmen­te recitano lo stesso copione: “I fascisti non hanno diritto di parola”. Chi è causa del suo mal pianga se stesso».

Poco dopo anche Forza nuova si dichiara «totalmente estranea alla vicenda senza se e senza ma», minaccia querele per diffamazio­ne, ma poi aggiunge: «Si invoca la nostra chiusura per due adesivi, non messi da noi, mentre invece chi è stato riconosciu­to colpevole della vile aggression­e a Palermo del nostro dirigente nazionale, Massimo Ursino, è già libero... Quindi, noi di Forza nuova chiediamo la chiusura immediata tutti i centri sociali, covi di terroristi, primo fra tutti a Pavia il circolo Arci Radio Aut».

Anche se Pavia è una città piccola — 72 mila abitanti, più circa diecimila studenti che rappresent­ano uno dei pochi asset economici rimasti — le cronache degli ultimi dieci anni sono ricche di scontri tra estrema destra e gruppi di sinistra. Ogni anno, infatti, oltre al 10 febbraio, giorno del ricordo delle vittime delle foibe, anche il 5 novembre è una data calda: la destra pavese ricorda Emanuele Zilli, morto nel 1973. Si trattò di un incidente stradale, ma per alcuni anni quella morte venne accostata all’assassinio di Sergio Ramelli a Milano e ha preso piede una rilettura dei fatti, densa di «misteri». Risultato: ogni 5 novembre convergono su Pavia gruppi da tutto il Nord Italia e ogni volta, tra cortei e controcort­ei, ci sono tensioni.

I fatti più gravi risalgono al 2016. E sembra che tra i destinatar­i degli adesivi anti antifascis­ti dell’altra notte vi siano alcune persone indagate e poi prosciolte proprio per gli scontri del 5 novembre di due anni fa. «Qui sono quattro gatti, li conosciamo bene — dice il presidente del circolo Radio Aut, Daniele De Chiara — ma il problema è che Pavia in questi anni è diventata la capitale del turismo nero».

Mentre parla dei «fascisti», indica la porta: perché la sede di Casapound è là fuori, ad appena una quarantina di metri. Ma oggi le serrande sono abbassate. Al circolo Arci, invece, c’è un’assemblea convocata d’urgenza: «Abbiamo deciso che domani (oggi, ndr) distribuir­emo in piazza i loro stessi adesivi: “In questa casa abita un antifascis­ta”».

In piazza

Oggi la manifestaz­ione di risposta della sinistra: orgogliosi di essere antifascis­ti

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