L’estrema destra tra sedi sbarrate e comunicati «Non c’entriamo»
Negli ultimi anni vari episodi di tensione
«Non siamo stati noi». Nessuna rivendicazione, nessun fiancheggiamento, anzi una velocissima presa di distanza. Nell’imminenza di elezioni in cui sono presenti, quando ancora il tam tam dei social network sta aggiornando il conteggio delle case «marchiate» come antifasciste, Casapound e Forza nuova, le due formazioni di estrema destra verso cui convergono i sospetti di mezza Pavia, escono allo scoperto per chiamarsi fuori.
«Diffidiamo chiunque dall’utilizzare il nostro nome per quanto riguarda la vicenda adesivi. Non è nostra consuetudine gettare benzina sul fuoco e marchiare i nostri avversari politici — si legge nel comunicato diffuso via Facebook da Casapound pavese —. L’operato che svolgiamo è realizzato alla luce del sole a differenza degli antifascisti». Un’allusione al «solito tempismo esattamente ad un giorno dalle elezioni» e la chiosa: «Sono quelli che giornalmente recitano lo stesso copione: “I fascisti non hanno diritto di parola”. Chi è causa del suo mal pianga se stesso».
Poco dopo anche Forza nuova si dichiara «totalmente estranea alla vicenda senza se e senza ma», minaccia querele per diffamazione, ma poi aggiunge: «Si invoca la nostra chiusura per due adesivi, non messi da noi, mentre invece chi è stato riconosciuto colpevole della vile aggressione a Palermo del nostro dirigente nazionale, Massimo Ursino, è già libero... Quindi, noi di Forza nuova chiediamo la chiusura immediata tutti i centri sociali, covi di terroristi, primo fra tutti a Pavia il circolo Arci Radio Aut».
Anche se Pavia è una città piccola — 72 mila abitanti, più circa diecimila studenti che rappresentano uno dei pochi asset economici rimasti — le cronache degli ultimi dieci anni sono ricche di scontri tra estrema destra e gruppi di sinistra. Ogni anno, infatti, oltre al 10 febbraio, giorno del ricordo delle vittime delle foibe, anche il 5 novembre è una data calda: la destra pavese ricorda Emanuele Zilli, morto nel 1973. Si trattò di un incidente stradale, ma per alcuni anni quella morte venne accostata all’assassinio di Sergio Ramelli a Milano e ha preso piede una rilettura dei fatti, densa di «misteri». Risultato: ogni 5 novembre convergono su Pavia gruppi da tutto il Nord Italia e ogni volta, tra cortei e controcortei, ci sono tensioni.
I fatti più gravi risalgono al 2016. E sembra che tra i destinatari degli adesivi anti antifascisti dell’altra notte vi siano alcune persone indagate e poi prosciolte proprio per gli scontri del 5 novembre di due anni fa. «Qui sono quattro gatti, li conosciamo bene — dice il presidente del circolo Radio Aut, Daniele De Chiara — ma il problema è che Pavia in questi anni è diventata la capitale del turismo nero».
Mentre parla dei «fascisti», indica la porta: perché la sede di Casapound è là fuori, ad appena una quarantina di metri. Ma oggi le serrande sono abbassate. Al circolo Arci, invece, c’è un’assemblea convocata d’urgenza: «Abbiamo deciso che domani (oggi, ndr) distribuiremo in piazza i loro stessi adesivi: “In questa casa abita un antifascista”».
In piazza
Oggi la manifestazione di risposta della sinistra: orgogliosi di essere antifascisti