Addio Mimmo, amico che raccontavi le guerre
Èsempre un rischio quando muore un uomo vero, un collega speciale. Viene spontaneo ricordarlo retoricamente come il migliore di tutti noi. Però stavolta è davvero diverso, perché Mimmo Càndito è stato un vero soldato verticale del nostro difficile mestiere di cronisti e di inviati. Sabato ci ha lasciato. Ha lasciato vedova la splendida moglie Marinella, orfani noi, e orfani i suoi lettori, ammaliati da quella prosa asciutta e coinvolgente da cronista di razza, che sapeva coniugare quel che aveva visto con l’analisi. Era uno di noi, o meglio era lui al quale una giovane e brava collega, Letizia Magnani, ha dedicato qualche anno fa un libro prezioso: «C’era una volta la guerra… e chi la raccontava».
Càndito, come Egisto Corradi, Bernardo Valli, Ettore Mo, Giorgio Torchia, e come pochi altri, è stato uno degli ultimi orgogliosi alfieri di questo lavoro di frontiera. Un lavoro forse meno appagante di quello della moltitudine di star, starlette e cocotte che imperano in questa triste stagione di crepuscolo professionale. La tristezza ci assale se pensiamo che questo nobile collega scomparso ha lasciato tracce indelebili lungo il suo percorso. Con lui, a Genova, ho cominciato la mia storia di giornalista, lui al Lavoro, io al Secolo XIX. Lui sognava i reportage internazionali, e fu subito notato dalla Stampa. Con lui mi sono ritrovato in molti teatri di guerra: in Libano, Israele, Iraq, Arabia Saudita, Egitto. Sempre corretto, fraterno, solidale. Per lui ho anche litigato con Oriana Fallaci, che sosteneva che Mimmo e altri colleghi avevano inventato il loro ingresso nel Kuwait, durante la prima guerra del Golfo. Mimmo era di una limpidezza e di un’ironia a volte sconcertante. Ricordo le risate che condividemmo scoprendo che le maschere antigas, che ci aveva distribuito l’ambasciata d’italia in Arabia Saudita, non funzionavano. E quando ci confidò molti anni fa che la «brutta bestia» lo aveva morso a un polmone reagimmo con una calda risata. Come se quel briccone di Mimmo, che per gli amici si sarebbe buttato nel fuoco, ci avesse voluto giocare un simpatico tiro: noi fumavamo l’impossibile e bevevamo oltre le normali proporzioni, Mimmo si alzava all’alba, faceva cinquanta vasche in piscina, un extra di palestra, e a tavola tre arance, due mele, mezzo bicchiere di rosso al mese, ma solo per farci piacere. Quante storie abbiamo vissuto assieme. Ti abbraccio, Mimmo, amico unico. Se ne hai ancora voglia, scrivi da dove ti trovi sulla guerra di Siria che ci tormenta. Illuminaci tu!