QUANDO VA TOLTO UN FIBROMA ALL’UTERO? QUALI CONSEGUENZE HA L’INTERVENTO? DOPO SI POSSONO ANCORA AVERE FIGLI?
Il mio ginecologo mi ha diagnosticato dei fibromi uterini e mi ha consigliato di togliere l’utero: è proprio indispensabile? Quali conseguenze può avere questo tipo d’intervento?
Ifibromi uterini sono la più frequente «lesione» benigna dell’apparato riproduttivo femminile. Fibroma e mioma sono sinonimi e indicano un tumore benigno della muscolatura dell’utero che colpisce le donne durante il periodo riproduttivo, specie dopo i 30 anni. Una donna su quattro tra i 40 e i 50 anni ha fibromi uterini. Queste formazioni costituiscono la seconda indicazione chirurgica ginecologica dopo il taglio cesareo. Non è stato ancora chiarito per quale ragione si sviluppino, anche se fattori etnici, ereditari e ormonali endogeni sembrano giocare un ruolo importante, mentre l’uso della pillola contraccettiva non pare determinante. Dimensioni e velocità di crescita sono variabili. Ci sono fibromi di pochi millimetri e altri di molti centimetri di diametro. Posizione e dimensioni sono importanti nel determinare i sintomi. Anche piccoli fibromi possono causare un aumento consistente del flusso mestruale nel caso interessino la cavità interna dell’utero. Nei casi più gravi può verificarsi una progressiva anemizzazione. Il volume complessivo dell’utero spiega invece la sensazione di peso pelvico e di tensione addominale nelle donne con fibromi grandi. Non tutti i fibromi, comunque, e non devono essere necessariamente asportati . Nel caso si desideri avere figli i fibromi che deformano la cavità uterina devono essere tuttavia rimossi per aumentare le probabilità di concepire e ridurre il rischio di aborto. L’intervento si chiama «miomectomia» e può essere effettuato per via endoscopica oppure con la classica apertura della parete addominale, a seconda della sede, del numero e delle dimensioni dei fibromi. In una paziente non più desiderosa di prole, invece, prima di procedere devono essere valutati diversi fattori, fra cui entità dei sintomi, età, dimensioni e velocità di crescita dei fibromi, presenza di caratteristiche ecografiche che possano mettere in dubbio la natura benigna delle lesioni e le preferenze individuali. Gli estrogeni sono indispensabili per la crescita di questi tumori perciò con l’insorgere della menopausa il volume dei fibromi tende a ridursi e i sintomi migliorano o regrediscono completamente. In pazienti con fibromi sintomatici la menopausa può essere considerata un traguardo favorevole, però è difficile prevedere con gli esami ormonali quando insorgerà, in generale va considerata un’età media di 52-53 anni. L’aumento di dimensioni dei fibromi quando le ovaie hanno smesso di produrre ormoni, e la comparsa di perdite ematiche dopo la menopausa, deve indurre ad approfondimenti diagnostici e, in alcuni casi, alla rimozione dell’utero per una verifica istologica.
Nella maggior parte dei casi questa decisione riguarda donne nella quarta decade di vita senza desiderio riproduttivo. In assenza di sintomi, la semplice osservazione clinica prolungata è invece un’opzione ragionevole. Se i fibromi causano mestruazioni emorragiche o peso addomino-pelvico, sono disponibili diverse opzioni terapeutiche.
La scelta è fra terapia medica, chirurgia, embolizzazione delle arterie uterine e uso di ultrasuoni focalizzati. I trattamenti medici, mirati a sospendere l’attività delle ovaie e a ridurre la produzione di estrogeni, possono essere indicati nelle donne che presumibilmente raggiungeranno il climaterio entro un periodo non superiore a un paio d’anni. Quando la menopausa è più lontana, l’asportazione dell’utero è l’opzione associata al maggior grado di soddisfazione delle pazienti. In buona parte dei casi l’intervento si può effettuare in laparoscopia, cioè senza apertura della parete addominale. Ciò permette di ridurre il dolore postoperatorio e di riprendere più rapidamente le attività abituali.
Molte donne temono che l’asportazione dell’utero comporti conseguenze sfavorevoli sulla funzionalità sessuale, vescicale, intestinale e sul rischio di prolasso genitale, ma ampi studi hanno dimostrato che nessuno di questi timori è fondato. In particolare, la funzionalità sessuale rimane invariata rispetto alle condizioni pre-operatorie e neppure il partner avverte sensazioni diverse durante il rapporto. Inoltre, nessun sintomo climaterico insorgerà dopo asportazione dell’utero se le ovaie saranno conservate.