Leu non sfonda: l’ansia di Grasso & Co
Il «cartello» alternativo al Pd resta lontano dalle speranze di exploit Stime tra il 3 e il 6%, c’è in gioco anche la sopravvivenza post voto
«Tra il 5 e il 6% andrebbe bene, sopra il 6% sarebbe un successo, sotto il 5% una delusione». Alla luce di queste considerazioni che si potevano raccogliere tra diversi esponenti di Leu prima della chiusura dei seggi, i primi exit poll hanno solo aumentato l’ansia di Liberi e uguali. Secondo i diversi sondaggi fatti a urne ancora aperte, la formazione a sinistra del Pd oscilla infatti fra il 3 e il 6,2% (tra 12 e 20 seggi alla Camera). Come dire tutto o niente rispetto alle aspettative di Pietro Grasso e degli altri leader di Leu. Con questa incertezza poco importa che il Pd non sia andato bene, sempre stando agli exit poll.
In ogni caso, non sembrerebbe profilarsi né un successo netto di Liberi e uguali né una débâcle del Partito democratico. Cioè quel combinato disposto che consentirebbe a Massimo D’alema, Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza e agli altri fuoriusciti dal Pd di sostenere che l’elettorato di sinistra abbia indicato la rotta, punendo Matteo Renzi e premiando gli scissionisti. Invece, alla luce degli exit poll, non c’è niente da festeggiare. Anche Potere al popolo, la formazione di estrema sinistra, pur andando bene, non avrebbe superato il 3% e quindi, come era prevedibile, non entrerà in Parlamento. Voti dispersi. La solita sinistra che si divide e perde.
Ora, al quartier generale di Leu, è tutto uno sperare negli exit poll più favorevoli, come quello di Swg-la7 che assegna a questa formazione una forchetta fra 5,2 e 6,2% mentre il Consorzio Opinio per la Rai e Technè per Mediaset un intervallo fra il 3 e il 5%. Un risultato che rientrasse in questa forchetta più bassa sarebbe deludente, non solo perché clamorosamente sotto le aspettative, ma anche perché non c’è nessun progresso rispetto al bacino potenziale di voti. Basti considerare che nel 2013 Sel (Sinistra ecologia e libertà), guidata allora da Nichi Vendola, che pure faceva parte dell’alleanza di centrosinistra con alla testa Bersani, prese il 3,2% dei voti e Rivoluzione civile, capitanata da Antonio Ingroia, il 2,25%. In totale, ben oltre il 5%. Senza contare che il bacino potenziale di Leu comprende l’ala sinistra del Pd che il 25 febbraio del 2017 abbandonò il partito per fondare Mdp-articolo 1.
Una scelta che portò, dopo una complicata trattativa, alla nascita, il 3 dicembre 2017, di Leu, una formazione che unisce Mdp appunto, Sinistra italiana (in pratica l’ex Sel) e Possibile, il movimento guidato da Pippo Civati. Per presentarsi alle elezioni le tre componenti scelsero il presidente del Senato Pietro Grasso come candidato premier. Un personaggio relativamente nuovo invece dei soliti D’alema e Bersani. Ma che si è rivelato poco adatto ai talk show. Ora, alla luce dell’incertezza dei primi exit poll la situazione è in bilico. Sotto il 4-5% Leu rischia di saltare, svelando la sua natura di cartello elettorale. Sopra il 5% può invece tentare di diventare un partito.
Confronti
Nel 2013 Sel prese il 3,2 e Rivoluzione civile di Ingroia il 2,25%. E non c’era l’ala sinistra pd