Di Maio: il governo senza di noi è un insulto Camere, verso le presidenze ai due vincitori
«Farlo senza di noi sarebbe un insulto, ma mi prenderei i pop corn» Intervengono anche i vescovi: l’esecutivo sia al servizio della gente
Il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio alza il tiro: «Un governo senza di noi sarebbe un insulto alla democrazia». Mentre il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, si augura che il nuovo esecutivo sia «al servizio della gente», tra i partiti si moltiplicano i segnali sulla presidenza delle due Camere: una andrebbe al Movimento, l'altra al centrodestra. E se non ci fossero alternative, una possibile soluzione per il governo — ventilata anche dall'ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli — sarebbe quella di un esecutivo di transizione.
ROMA Spiega Luigi Di Maio che «dal racconto che offrono i media non si sta capendo tantissimo» di quello che sta accadendo nel dopo elezioni. E allora il candidato premier, poco prima di concedersi una breve vacanza a Marsala con la consigliera 5 Stelle Giovanna Melodia, si incarica di fare il punto in prima persona, con un video indirizzato direttamente ai cittadini. Che però troppa chiarezza non fa.
La frase chiave, ripetuta ormai da giorni, è la solita: «Siamo aperti al confronto con
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tutte le forze politiche». Ma Di Maio parte da alcuni punti fermi. E cioè che il Movimento «è determinante: un governo senza di noi non si può fare, tutti dovranno parlare con noi. A meno che, e sarebbe un clamoroso insulto alla democrazia e ai cittadini, non decidano di fare un governo di tutti contro di noi. Ma in questo caso — aggiunge echeggiando una vecchia frase di Matteo Renzi — prepariamo i pop corn perché sarebbe la loro fine». L’altro punto fermo è che il premier deve essere lui. Quanto al resto, si può discutere. Sulla squadra di governo, che potrebbe essere integrata da alcuni ministri tecnici e non in posti chiave. E sul programma. Tanto che Di Maio annuncia: «Partiremo dai temi e su quelli siamo pronti a discutere. La prima occasione utile sarà il Documento di Programmazione Economica e finanziaria, da presentare entro il 10 aprile. Stiamo preparando una nostra proposta che renderemo nota nei prossimi giorni».
Ma c’è un altro elemento utile per avere un po’ di luce. Rispondendo implicitamente a Renato Brunetta, che aveva accettato il dialogo sulle presidenze delle Camere, Di Maio spiega che per questi incarichi «siamo aperti al confronto con tutte le forze politiche, ma pretenderemo il riconoscimento del voto degli italiani che ci hanno indicato come prima forza del Paese». Dunque, un’ipotesi possibile è che la Camera venga richiesta dai 5 Stelle, mentre al Senato possa insediarsi un esponente di Lega o di Forza Italia.
E mentre il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, si augura che il governo «sia al servizio della gente», Di Maio viene descritto da James Politi sul Financial Times, come «un moderato», senza dimenticarne gli inciampi: «Giovani, poveri e gli italiani del Meridione si sono accodati dalla sua parte, sulla base della promessa di fermare la corruzione, le politiche di austerity Ue e altre misure per gli oppressi».
d L’aspettativa è grande, ognuno ha la sua responsabilità e tutti noi sappiamo che questo è un lavoro collettivo Roberto Fico