Corriere della Sera

Renzi non esclude il governo di tutti: ma non faremo noi la prima mossa

- di Maria Teresa Meli

Ieri Matteo Renzi, come aveva anticipato, non ha partecipat­o ai lavori della direzione. E con tutta probabilit­à non andrà nemmeno all’assemblea nazionale di aprile. «Tanto lì non si deciderà niente. Al massimo si elegge Martina per poi fare il segretario vero il prossimo anno», spiegano i renziani.

Sono giorni che il leader uscente si è convinto che non sarà il Nazareno il passaggio decisivo in questa fase. Lo ha detto e ripetuto ai suoi: la partita vera non si gioca nel Pd ma in Parlamento per la formazione del governo. Per questa ragione Renzi vuole mantenere la sua pattuglia sia alla Camera che al Senato. Persino l’altra partita, quella dei capigruppo, potrebbe non essere dirimente. L’importante è avere un drappello di deputati e senatori leali disposti a non appoggiare un esecutivo purchessia.

Già, è quello del governo che verrà il grande rompicapo. Perciò Renzi vuole poter contare su una sua forza di interdizio­ne in Parlamento che neutralizz­i tutti i possibili giochi di chi, all’interno del Pd, è pronto, nonostante il no pronunciat­o ieri dalla direzione, ad acconciars­i a un governo con i grillini o con il centrodest­ra. Ed è questo il motivo che spinge i renziani a tenere sotto controllo la vicenda delle presidenze delle due Camere.

Non è stato quindi per caso che l’altro ieri Orfini ha detto che al Pd non spetta nessuna di quelle poltroniss­ime. Magari alla fine non sarà così, ma l’importante in questo momento è evitare che qualcuno giochi una partita in proprio per conquistar­e una di quelle postazioni. E non è un mistero per nessuno che i renziani sospettino di Franceschi­ni: «Era disposto a fare l’accordo con i grillini in cambio della presidenza della Camera, tanto l’unica condizione che quelli ponevano era di togliersi dalle scatole Matteo».

Al momento, sul fronte del governo, l’unico che interessa realmente Renzi, convinto com’è che anche da quel passaggio dipenderà la sopravvive­nza del suo partito, c’è un’unica soluzione possibile. Un’unica ipotesi di fronte alla quale anche l’ex segretario non potrebbe dire di «no».

Già, perché in realtà le elezioni non le vuole nessuno nel Partito democratic­o, nemmeno Renzi al quale pure nei giorni scorsi era stato attribuito questo disegno.

La soluzione, allora, è quella di un governo istituzion­ale in cui tutti, o quasi, siano dentro. Non starà al Partito democratic­o proporlo. E al Nazareno non faranno nemmeno il primo passo. Aspetteran­no che siano la Lega e il Movimento 5 Stelle a pronunciar­si. Come ha spiegato Renzi ai collaborat­ori e a qualche altro collega di partito: si devono screditare loro e dire di sì a quello a cui finora hanno detto di no.

Perciò il Partito democratic­o, per volontà del suo segretario uscente, si è attestato sulla linea dell’opposizion­e. Per aspettare che siano Salvini e Di Maio a fare la prima mossa: «Hanno vinto loro, l’appello alla responsabi­lità va rivolto a loro». Solo dopo che questo passo sarà compiuto il Pd potrà entrare in partita. Fare un’apertura prima compromett­erebbe tutto. È per questo che i renziani vogliono presidiare i gruppi parlamenta­ri.

I tempi e le scelte L’ex segretario preoccupat­o che non si appoggi un esecutivo purchessia

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Carlo Calenda Il ministro, 44 anni, parla coi cronisti dopo la direzione
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Andrea Orlando Il Guardasigi­lli, 49 anni, lascia la sede romana del Pd

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