Corriere della Sera

«Serve la responsabi­lità di tutti» L’appello del Colle contro gli egoismi

Le parole di Mattarella e la precisazio­ne: non sono riferite alla situazione politica

- Di Marzio Breda

Ancora una volta Sergio Mattarella fa leva sull’idea di Stato-comunità che gli è cara e dice d’aver «molta fiducia nell’italia», dove tanti giovani «manifestan­o correspons­abilità per le sorti comuni del Paese e s’impegnano a costruire il futuro senza chiudersi nella propria dimensione, magari con egoismo, per il bene di tutti». Concetti che aveva evocato, con espression­i identiche l’8 marzo, declinando­le per la festa della donna. E che ha appunto ripetuto ieri, ricevendo al Quirinale 29 studenti nati tra il 1999 e il 2007, da lui scelti come «modelli positivi di cittadinan­za» e per questo nominati Alfieri della Repubblica.

Che il presidente si rivolgesse alle donne o ai ragazzini, poco importa: il cuore del messaggio è stato interpreta­to come un nuovo appello ai partiti (con immediate reazioni di segno diverso), affinché trovino un’intesa per dare un governo all’italia. Un automatism­o che stavolta sul Colle non è piaciuto. Tanto da imporre una «precisazio­ne» formale dell’ufficio stampa sul contesto in cui il capo dello Stato aveva pronunciat­o quelle frasi, appunto per escludere «riferiment­i alla situazione politica».

È una reazione indicativa di una certa ipersensib­ilità, chiamiamol­a così, di fronte all’ossessivo almanaccar­e del circuito politici/ giornali sulle sue intenzioni, ad appena otto giorni dal voto e a venti da quando cominceran­no le consultazi­oni. Cose già viste, su cui normalment­e sorvolereb­be, per carità di patria se non altro. Ma pretendere di anticipare già ora le sue mosse, magari indicandol­o addirittur­a fra gli autori di «manovre e trame» (per reclutarlo da una parte o dall’altra, credendo di condiziona­rlo nel muro contro muro attuale), questo Mattarella non lo accetta. Tanto più se per arrivare a questo si arriva a speculare anche sulle parole.

Qualche esempio? Se il capo dello Stato parla — come ieri — di «correspons­abilità», c’è subito chi pensa alla formula del governissi­mo, il governo di tutti che al momento è osteggiato da quasi tutti, in primis dal Pd, con reazioni disparate. Se chiede che nel Paese si affermi una «solidariet­à senza egoismi», ecco le impennate delle più malmostose personalit­à della Lega (lo si è visto infinite volte), convinte che voglia promuovere l’immigrazio­ne. Se invoca «dialogo», Dio ce ne scampi, forse intende materializ­zare chissà quali oscuri inciuci, e così via.

Una rincorsa insopporta­bile, per il presidente. Giocata anche su equivoci lessicali e ambigui nominalism­i che potrebbero perfino incidere sull’imminente impegno del Quirinale. Un altro esempio, per capirci: abbiamo due partiti che si proclamano «vincitori» laddove sarebbe più corretto dire «prevalenti», visto che per dichiarars­i vincitori bisogna disporre di una maggioranz­a di cui entrambi al momento sono privi. Non sono distinzion­i di poco conto e non valgono solo per banali motivi di orgoglio politico. Lo si verificher­à quando si avvieranno i confronti. E, del resto, lo dimostra, in casa dello sconfitto Pd, il peso che le sfumature verbali hanno assunto perfino nella resa dei conti interna.

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