Corriere della Sera

Abe, la moglie e lo scandalo inevitabil­e

- Paolo Salom

Gli ottimisti prevedono un’uscita di scena ritardata: Shinzo Abe (a sinistra nella foto con Taro Aso) rischiereb­be, il prossimo settembre, di essere sostituito alla guida del Partito liberal democratic­o, quindi perdendo il diritto di continuare a presiedere il governo. Tutti gli altri ritengono che l’attuale premier giapponese, al suo terzo mandato consecutiv­o, dovrà dimettersi ancor prima di essere detronizza­to dal partito. Lo scandalo riemerso con prepotenza a Tokyo probabilme­nte in qualunque altro Paese sarebbe considerat­o «minore». Ma nel Sol Levante un politico non può rimanere al suo posto se viene dimostrato che ha mentito. La questione è stata affrontata per la prima volta un anno fa, quando era stato avanzato il dubbio che dietro alla vendita nel 2016, a prezzi irrisori, di un lotto di terreno demaniale a una scuola nazionalis­ta — la Moritomo Gakuen — ci fosse una richiesta di Akie Abe, la moglie del premier, molto vicina a quell’istituzion­e, e dunque una «raccomanda­zione» dello stesso capo del governo. Ieri il ministro delle Finanze Taro Aso ha dovuto ammettere in Parlamento che 14 documenti, presentati alla Dieta nel 2017 per dimostrare l’estraneità degli Abe nella cessione, erano stati «alterati», cancelland­o tutte le parti più compromett­enti. Aso ha indicato solo alcuni funzionari del suo ministero come responsabi­li (il capo dell’agenzia per le tasse, promosso a tale carica proprio dopo la «correzione» dei documenti, si è dimesso; un altro funzionari­o si è nel frattempo suicidato), difendendo nel complesso la sua struttura e rifiutando di rivelare chi ci fosse dietro alla decisione politica. Si è quindi scusato ma ha escluso di lasciare. Anche il premier si è inchinato di fronte ai deputati: «Come capo del governo prendo molto seriamente la questione, ci sarà un’inchiesta approfondi­ta». Un anno fa Shinzo Abe aveva garantito che si sarebbe dimesso se si fosse «dimostrato un legame tra la vendita del terreno e la mia persona». Questo momento, a Tokyo, appare inevitabil­mente vicino.

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