Tim, mossa anti Elliott: Vivendi pronta a far decadere il board
Elliott continua a tenere le carte coperte mentre Vivendi prepara la strategia di difesa in vista dell’assemblea di Tim convocata per il 24 aprile. I legali del gruppo francese — Filippo Modulo per lo Studio Chiomenti e Giuseppe Scassellati Sforzolini per Cleary Gottlieb — stanno valutando tutti gli scenari possibili e, tra le alternative difensive, sarebbe spuntata l’ipotesi di far decadere l’intero consiglio di Tim in modo da mandare a vuoto la prossima assemblea e dunque togliere spazio, per il momento, alla manovra di Elliott. Sarebbe un modo per guadagnare tempo. Se i consiglieri si dimettessero alla viglia dell’assise dei soci facendo decadere l’intero board, non verrebbero discussi i punti che proporrebbe il fondo Usa e Tim sarebbe costretta a riconvocare l’assemblea 30 giorni dopo per eleggere innanzitutto un nuovo consiglio. Vivendi avrebbe quindi tempo per organizzare le sue difese, mentre la strategia di Elliott non cambierebbe. Fonti vicine al dossier spiegano che far decadere l’intero board di Tim paradossalmente potrebbe anche giocare a favore del fondo Usa, che avrebbe un elemento in più per sottolineare il conflitto di Vivendi e i limiti di una governance che i francesi userebbero per tutelare esclusivamente i propri interessi. È comunque una delle mosse che i legali stanno studiando.
Quanto alla strategia di Elliott, venerdì nel corso del road show sul nuovo piano strategico, il ceo di Tim, Amos Genish, ha visto a Londra il ceo di Elliott, Gordon Singer e il portfolio manager Giorgio Furlani, dai quali ha avuto qualche dettaglio in più sulla manovra. Il piano di Elliott, avrebbe spiegato Singer jr (figlio di Paul Singer, fondatore di Elliott) al manager israeliano, è articolato su quattro pilastri: il primo riguarda la governance ed è la proposta di trasformare Tim in una public company gestita nell’interesse di tutti i soci, eliminando così i conflitti di cui sarebbe portatrice Vivendi. Il secondo è relativo alla rete e prevederebbe una scissione proporzionale delle attività e delle infrastrutture di trasmissione, inclusa Sparkle, che porterebbe in mano agli attuali azionisti di Tim azioni della nuova società delle rete, che uscirebbe del tutto dal perimetro del gruppo telefonico. Questo passaggio creerebbe anche le condizioni perché un socio pubblico (la Cdp?) possa assumere la maggioranza nella società della rete. Terzo punto è il ritorno al dividendo in tempi stretti, probabilmente già nell’esercizio in corso. Ultimo snodo è la proposta di conversione delle azioni Tim di risparmio in ordinarie. Idea circolata più volte in passato e arrivata anche in assemblea. L’ultima volta l’anno scorso, quando a sorpresa fu il board guidato da Vivendi a proporla, senza però trovare in assemblea i voti necessari per farla passare. Oggi il differenziale tra ordinarie e risparmio Tim è di appena 12 centesimi e dunque l’eventuale recesso costerebbe poco. Nessuna anticipazione, invece, sulla squadra a cui Elliott affiderebbe la strategia. La lista per il consiglio di Tim è in via di definizione e ci vorrà almeno un’altra settimana per comporla.
Intanto Genish prosegue nel rinnovo della squadra di vertice e ieri ha annunciato l’arrivo da Bain & Co di Stefano Siragusa come nuovo capo delle infrastrutture.
L’incontro
A Londra il numero uno di Tim Amos Genish ha incontrato il ceo di Elliott, Gordon Singer