Il senatore di Scandicci e il deputato di Gallipoli
Il caso, che in politica non è mai soltanto tale e comunque gioca sempre un ruolo importante, ha voluto che uscissero di scena in contemporanea, sebbene in modo diverso, sia Matteo Renzi che Massimo D’alema. Certo, il primo è rimasto in Parlamento e ha dalla sua il fatto di avere 43 anni, mentre il secondo non è stato nemmeno eletto e di anni ne ha quasi 69, ma entrambi dovranno stare fuori dalla ribalta almeno un giro.
Il primo ha fatto il suo debutto nella politica nazionale invocando la rottamazione del secondo, il secondo è tornato a calcare le scene con l’obiettivo esplicito di ottenere la disfatta del primo. Ed è andata a finire che hanno avuto ragione tutti e due. Ora l’ex segretario farà «il senatore di Scandicci». Un po’ come D’alema che si autodefiniva un deputato di Gallipoli con un certo auto compiacimento. In realtà quell’appellativo glielo aveva affibbiato Occhetto (e di certo non per fargli un piacere) dopo che era stato costretto alle dimissioni. L’ex segretario del Pds raccontò così la propria defenestrazione: «Venne da me un deputato di Gallipoli a dirmi che ero una sorta di obsolescenza della politica». Ma il rivale, nonché successore, tramutò il termine con cui lo aveva definito Occhetto in un motivo di vanto: «Non mi dispiace affatto di essere diventato famoso come deputato di Gallipoli».
I due, Renzi e D’alema, non si sono mai presi molto. «È sufficiente che un giovanotto dica che voglia cacciarci a calci in culo che subito gli vengono concesse paginate e interviste», ebbe a dire piccato il secondo quando l’allora sindaco di Firenze lo aveva eletto a simbolo della vecchia politica da rottamare. Poi però D’alema mutò idea. Nel 2014 regalò a Renzi la maglia di capitan Totti: per un romanista era una dichiarazione d’amore. Mai ricambiato, però. Il neo segretario del Pd spiegava quella svolta con la voglia dell’ex ministro degli Esteri di indossare i panni di Mister Pesc. A Vespa l’ha raccontata in questo modo: «D’alema venne da me e mi chiese il posto della Mogherini». Che Renzi, forte della vittoria delle Europee, si guardò bene dal dargli. Ora che sono stati sconfitti entrambi l’antipatia reciproca resta comunque intatta.