Operaio scomparso indagato il suo capo «È un omicidio»
Milano, mai trovati il corpo dell’egiziano e l’arma «Telefoni e liti, indizi sul datore». «No, equivoci»
MILANO Il cadavere dell’operaio egiziano sparito 7 mesi fa non c’è, ma da ieri l’inchiesta per omicidio volontario sì. E, dopo l’interrogatorio in Procura a Milano, c’è anche un indagato: il datore di lavoro sospettato di averlo assassinato in fabbrica, pur se manca prova che lo scomparso sia stato ucciso, e (a rigore) persino che sia morto. Un labirinto di specchi nei cui riflessi è arduo ora distinguere se i sospetti sull’imprenditore siano attirati dagli elementi puramente indiziari ravvisati dall’accusa; oppure paradossalmente dalla sua paura di essere sospettato, in una spirale psicologica che (combinata a micidiali coincidenze) gli avrebbe calamitato proprio i sospetti tanto temuti.
Quando il 5 agosto il cognato denuncia la scomparsa da 4 giorni di Ibrahim Abdou Abdou Akl, detto Magdi, le indagini che scandagliano la vita di questo 60enne si devono presto rassegnare all’implausibilità di una esistenza parallela: niente che non sia più che regolare e stabile sino alla monotonia, 20 anni in Italia La vicenda
● Ibrahim Abdou Abdou Akl, detto Magdi, egiziano, è sparito ad agosto: aveva 6o anni e lavorava a Milano in un’azienda per la rigenerazione di cassette di legno
● L’uomo, che aveva regolare permesso di soggiorno ed era in Italia da 20 anni, aveva fatto causa ai datori di lavoro per una lite sull’ammontare della liquidazione tutti casa e fabbrica nel raggio di 400 metri, dalle 5 di mattina alle 7 di sera a spaccarsi la schiena sulle cassette di legno recuperate (per essere rigenerate) dai mercati ortofrutticoli. Niente vizi, nessuna distrazione, unico lusso la colazione che gli piaceva fare la domenica mattina in un bar. E una sola idea fissa: mandare i circa 2mila euro di stipendio alla famiglia in patria, reddito consistente anche per chi in Egitto ha una discreta posizione come la madre dirigente di cancelleria, il suocero capo di un tribunale, il figlio pm tra i 10 migliori laureati in legge, e il cugino parlamentare.
Ieri pomeriggio Daniele Carparelli, quarantenne figlio del datore di lavoro Vito, viene convocato dai pm Paolo Filippini e Leonardo Lesti come indagato per l’ipotesi di omicidio volontario. La sera della sparizione l’egiziano è in fabbrica quando firma un atto alle 19.30, per poi svanire senza che le molteplici indagini scientifiche trovino alcuna traccia; l’unico altro in fabbrica è il datore, che, localizzato lì alle 20.05 dal suo cellulare poi spento, risulta a casa quando alle 22 fa una chiamata dal telefono fisso; dunque, per l’accusa, tra le 19.30 e le 22 è successo qualcosa che (sparito l’egiziano) ha a che fare solo con l’imprenditore. Che però, difeso dall’avvocato Massimiliano Brio, contesta l’esattezza della localizzazione del cellulare, a suo dire agganciato a una cella che non corrisponderebbe precisamente allo stabilimento; e in più fa il nome di un’altra persona che, per quanto riferitogli, in quel lasso di tempo sarebbe passato in magazzino.
E quel cellulare spento? L’indagato oppone una coincidenza, e cioè spiega che mal funzionava, che aveva già comprato un nuovo telefonino nel pomeriggio, e che aveva in seguito buttato sia il precedente mal funzionante sia il nuovo rottosi cadendo l’indomani dal motorino, sostituendolo Da agosto Ibrahim Abdou Abdou Akl, detto Magdi, egiziano, è sparito il 2 agosto scorso a Milano: per i pm è stato assassinato con un altro acquisto.
Quello poi che per l’accusa è un possibile movente, e cioè l’attrito in quei giorni tra l’egiziano (che volendo tornare in patria chiedeva il Tfr di 100.000 euro) e l’imprenditore (che invece lo stimava in 25.000), per la difesa è solo un contenzioso talmente ufficiale da essere stato oggetto di un tentativo di conciliazione tramite rispettivi avvocati.
L’accusa valorizza però l’agitazione dei genitori dell’imprenditore captata dalle intercettazioni, in particolare quando la madre di Carparelli chiede un incontro a un operaio (in procinto di deporre) e gli raccomanda di non dire che il figlio e l’operaio in una occasione erano quasi venuti alle mani. Ma il figlio, oltre a sostenere che altri operai smentirebbero quello scontro mai esistito, va in contropiede psicologico: e spiega l’agitarsi dei genitori, come pure alcune sue mosse a cavallo di un ricovero per problemi psichiatrici, non come il senso di colpa per quanto accaduto in fabbrica (ipotesi d’accusa), ma come il riflesso condizionato di uno stress indotto proprio dalla percezione di accerchiamento e di pressione delle indagini della polizia.
La causa per il Tfr L’operaio fece causa per la liquidazione. Le intercettazioni della madre dell’indagato