Corriere della Sera

Regioni e animalisti

Summit sui lupi «Vanno salvati»

- di Agostino Gramigna

«Cosa diciamo agli allevatori? Ho ancora negli occhi l’immagine dei contadini in lacrime. Un loro vitellino è stato sbranato da un lupo». Arnold Schuler è assessore all’agricoltur­a della Provincia autonoma di Bolzano. Nei giorni scorsi, suo malgrado, e lo dice sorridendo, si è fatto conoscere ben oltre i confini della sua amata terra. Ha fatto notizia la petizione online in cui chiede all’europa la possibilit­à di abbattere il lupo, a certe condizioni. In Italia l’animale gode di protezione elevatissi­ma. Una legge del 1971 ne vieta l’uccisione. Tuttavia la petizione ha ottenuto in poco tempo quasi ventimila firme. Un fiume di consensi. Che pongono Schuler, suo malgrado, come paladino di quel vasto e trasversal­e fronte anti lupo che negli ultimi anni sta guadagnand­o terreno. Perché il lupo, dicono soprattutt­o allevatori e contadini alpini, distrugge gli allevament­i e mangia le bestie.

La petizione è stata come un sasso lanciato nello stagno. Le acque si sono mosse e sul campo la querelle vede agire tre forze. Su un fronte ci sono le Regioni (Toscana, Veneto, Valle d’aosta) e le due province autonome del Trentino Alto Adige che premono per il possibile abbattimen­to (fino al 5% dei lupi presenti in un determinat­o territorio); sull’altro ambientali­sti e animalisti decisament­e contrari; in mezzo, a mediare, ci sono i ricercator­i, gli studiosi, quelli che fanno appello alla ragione e non all’emotività. Carlo Maiolini appartiene a quest’ultima schiera. È tra i coordinato­ri della due giorni di convegno che da domani al Museo delle Scienze di Trento esporrà i risultati di un progetto europeo sul lupo (Life Wolfalps) iniziato cinque anni fa. Sintetizza: «La convivenza tra uomo e lupo è possibile. La soluzione? Il monitoragg­io sistematic­o di come l’animale occupa il territorio».

Per molti studiosi la protesta anti lupo ha altre cause. È l’idea stessa dell’animale che fa paura. Come narra la favola di Esopo. Una tesi che non convince Edy Henriet, presidente dell’associazio­ne allevatori della Valle d’aosta. «Ci dicono che questo animale abita sui monti, vaga per i boschi, è solitario. Ma non è vero. Molti allevatori hanno ripreso lupi vicino al recinto di casa. Dico: le mucche non sono Sull’arco animali alpino da difendere?». la paura aumenta. Tuttavia secondo uno studio Eurac, centro di ricerca di Bolzano, l’abbattimen­to non farebbe diminuire gli attacchi al bestiame. «Se si uccide un esemplare il branco non ha più guida e questo accresce i problemi», afferma Filippo il dossier. Favilli, che ha elaborato La storia che stiamo raccontand­o parte da un dato: l’uomo non è più abituato al lupo sulle Alpi, ricomparso da poco. Per Marco Galaverni, del Wwf, il problema è anche culturale. «È consuetudi­ne degli allevatori far pascolare liberament­e il bestiame. Ora però devono mutare atteggiame­nti. Il lupo è una presenza naturale. C’è. Gli allevament­i si difendono con un pastore di guardia e con recinti».

La coesistenz­a sarà pure possibile. Al momento però manca l’accordo tra gli uomini. Da anni si cerca di realizzare un «piano lupo nazionale». Invano. L’ultimo stop risale al 5 dicembre scorso quando la Conferenza Stato-regioni ha alzato bandiera bianca. Tutto fermo. A dividere è sempre la norma che prevede la possibilit­à dell’uccisione. Da qui il senso della petizione Schuler all’europa: l’assessore punta a una gestione autonoma. «La tutela questione del lupo nazionale deve rimanere

— ha replicato Michela Vittoria Brambilla, presidente del Movimento animalista —. Si gridare facciano al passare lupo al lupo». la voglia di

Gli animalisti Brambilla: «La loro tutela deve rimanere una questione nazionale»

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