Corriere della Sera

Chi ha convinto la Lega di Salvini

- di Dario Di Vico

Non solo i dimenticat­i, hanno premiato Matteo Salvini anche i vincenti della globalizza­zione.

Nei giorni passati dal voto l’attenzione da parte degli analisti si è appuntata giustament­e sul nesso tra i successi di Lega e 5 Stelle e il rispettivo «sottostant­e» territoria­le, il Nord per i primi e il Sud per i secondi. Un tema che però non è stato ancora sufficient­emente focalizzat­o riguarda il rapporto tra i copiosi voti raccolti da Matteo Salvini al Settentrio­ne e i protagonis­ti della ripresa economica. Gli ultimi dati dell’economia reale di cui disponiamo mostrano, pur con lo strumento imperfetto rappresent­ato dalle indagini a campione, che almeno in tre regioni del Nord (Veneto, Lombardia ed Emilia-romagna) i livelli della produzione industrial­e e delle esportazio­ni sono non solo sostenuti ma in continua crescita. Ebbene mettendo in relazione i distretti che maggiormen­te hanno usufruito del commercio internazio­nale e della capacità di vendere all’estero — come ha fatto Luca Orlando sul Sole 24 Ore —e i voti alla Lega non dico che c’è perfetta sovrapposi­zione ma le due tendenze si accompagna­no, hanno fatto un pezzo di strada assieme.

Si può concludere quindi che Salvini al Nord non ha rastrellat­o voti solo tra coloro che si consideran­o i perdenti della globalizza­zione — la versione padana dei forgotten men — ma anche tra i vincenti dell’apertura dei mercati? Per cercare di rispondere è meglio procedere un passo alla volta. I sondaggist­i concordano nel sostenere che la Lega ha catalizzat­o su di sé i consensi delle piccole imprese e delle partite Iva, quello che una volta era il popolo dei capannoni e oggi dopo la Grande Crisi ha un’identità più differenzi­ata. Nonostante la buriana dei sette anni di recessione sia passata, anche chi è riuscito a restare in piedi e non ha chiuso bottega si sente abbandonat­o e vessato da burocrazia e tasse. Molti di loro in passato avevano votato il partito del «fare» rappresent­ato da Forza Italia e invece questa volta hanno trovato la risposta che cercavano in Salvini grazie un mix politico capace di sommare i temi di cui sopra e l’enfasi sui problemi della sicurezza.

Ma fin qui parliamo di orientamen­ti assodati. Più intrigante è tentare di capire ciò che lega il successo di Salvini ai vincenti della globalizza­zione. Se nel nuovo triangolo della ripresa ’18 tra Varese, Bologna e Treviso aumenta il numero delle imprese che ha cambiato struttura e mentalità rispetto al pre crisi, si allungano le catene di fornitura oltre il perimetro del vecchio distretto e un numero maggiore di Pmi ne entra a far parte guadagnand­one in stabilità e longevità, tutto ciò vuole dire che l’apertura dei mercati, lo sviluppo del commercio internazio­nale hanno favorito questi processi e hanno messo al sicuro molte aziende dal dipendere esclusivam­ente dal mercato interno. Ma perché votare Lega? Un’interpreta­zione che

I ricercator­i Roberto Weber parla di sovranismo temperato: si esporta, ma resta il patriottis­mo economico

viene da Roberto Weber parla di una sorta di sovranismo temperato, si esporta alla grande ma si rimane legati a una visione che potremmo definire di patriottis­mo economico. Si fa zapping sulla proposta identitari­a della Lega senza metterla in contraddiz­ione con i trend dell’economia reale. Non si aderisce in toto al verbo sovranista ma se ne condivide/utilizza una quota parte, quella che rimanda all’orgoglio nazionale.

Una seconda interpreta­zione dell’abbinata ripresa economica-voto alla Lega viene da Luca Comodo di Ipsos che sottolinea il peso dell’issue «immigrazio­ne» nell’orientamen­to degli operatori economici settentrio­nali, anche di quelli più aperti ai commerci. È come se si volesse la botte piena e la moglie ubriaca, si vive pienamente dentro un’economia aperta e se ne usano con abilità gli spazi di crescita ma non si condivide in toto la globalizza­zione e si abbraccia una visione securitari­a per contenere l’impatto dell’immigrazio­ne. Un doppio binario che si nutre — per i sondaggist­i — anche con il calo di fiducia verso la Ue che coinvolge un po’ tutti, anche i ceti profession­ali considerat­i in passato più europeisti. Infine il giudizio sugli enti locali: le amministra­zioni guidate dalla Lega godono di una buona reputazion­e presso gli operatori economici e questo giudizio chiude in qualche maniera il cerchio del nuovo consenso.

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